Con il rinnovo di Piero Ausilio quale Direttore Sportivo dell’Inter fino al 2020, si chiude uno dei tasselli ancora aperti che lasciavano incertezza ai tifosi riguardo i piani futuri della dirigenza nerazzurra. Il gruppo Suning ha valutato, con tutta evidenza, soddisfacente il lavoro di Ausilio nelle condizioni date e coerentemente ha deciso per il rinnovo.

Quello che tutti i tifosi, stremati da sei stagioni una peggio dell’altra in quanto a risultati e soddisfazioni, vogliono sapere al di là della conferma del nostro direttore sportivo è qual è il piano per non aggiungere una settima, insopportabile, stagione mediocre.

Il mio pensiero, basato su convinzioni personali opinabilissime ma soprattutto sulle sei sunnominate, odiosissime, stagioni passate (includo anche la presente, visto che per me è finita lo scorso luglio) è chiaro: se si parte da zero, un tempo sufficiente minore di due stagioni porterà inevitabilmente al disastro. Ora, è evidente che un’affermazione assoluta di questo tenore presta il fianco ad alcune obiezioni fondate, la più efficace delle quali è rappresentata dalla constatazione che un allenatore top che gestisca una squadra formata da campioni non ha bisogno di due anni per vincere.

Questo post vorrebbe ambiziosamente passare in rassegna qualche scenario futuribile per poter dare qualche indicazione su ciò che mi aspetto dalla prossima stagione, e anche spiegare i motivi per i quali i pronostici azzeccati di pessime stagioni che ho inanellato lungo questi anni (purtroppo, perché avrei pagato di tasca mia per sbagliarli tutti uno dopo l’altro) non siano frutto di particolari capacità premonitorie ma di pura applicazione di logica e buon senso.

Allenatore “top-top”, campioni in squadra

L’obiezione che ho riportato poco più sopra la accolgo in pieno: sono pienamente convinto che un allenatore tra i quattro o cinque che in questo momento rappresentano il massimo, e quindi capaci di portare un reale valore aggiunto in maniera così determinante da poter rendere la squadra che allenano competitiva immediatamente, unito ad una campagna acquisti che riesca ad ingaggiare due o tre fuoriclasse – idealmente uno per reparto – sia in grado di vincere o almeno di lottare per farlo sin dalla prima stagione.

I nomi di questi allenatori sono i soliti: Mou, Guardiola, Conte, Simeone, Ancelotti: personalmente non ne aggiungo altri, ma immagino che secondo le proprie opinioni questa lista potrebbe estendersi un po’ o ridursi. In ogni caso, è ininfluente ai fini della discussione. I nomi dei giocatori anche: ognuno ha i suoi ma ci sono dei nomi “prendibili” che potrebbero davvero cambiare il volto e il peso specifico di una squadra come l’Inter, unitamente a quei 5/6 giocatori già presenti di ottimo livello (quindi, diciamo, non parliamo di Messi, Cristiano Ronaldo e simili ma piuttosto dei Sanchez, dei Marquinhos, di tutti quei giocatori che teoricamente potrebbero essere davvero ingaggiati dall’Inter al di là dei costi).

Per cui, ribadisco, questa combinazione permetterebbe anche a quest’Inter 2016/17 di presentarsi ai nastri di partenza della prossima stagione pronta per competere per il titolo. Vincerlo subito, come hanno dimostrato Conte al suo primo anno bianconero, o Ancelotti al suo esordio novembrino sulla panchina del PSG, dipende da molti fattori. Ma anche in questo caso, ipotizzando che il famoso gol di Muntari fosse stato accordato, la Juventus dell’allenatore leccese avrebbe senz’altro vinto la stagione successiva, così come il PSG di Ancelotti non lasciò scampo agli avversari dopo aver perso inopinatamente il campionato l’anno prima, nonostante l’allenatore italiano in panca ed una rosa di due spanne almeno sopra quella di ogni avversario.

In fondo quel che si vuole qui, parlando da tifoso, è ritrovare il brivido di soffrire per una partita che possa valere una stagione e non incazzarsi per un gol preso al 97’ di un derby che valeva per il sesto posto. Quindi paradossalmente, come prima stagione, vincere subito (che sarebbe senz’altro bellissimo) o arrivare secondi lottandosela fino alla trentottesima giornata, ai fini di una strategia sul medio termine, non farebbe molta differenza.

Ma, c’è un ma: è realistico ad oggi, aprile 2017, immaginare uno di quei cinque allenatori sedersi sulla panchina nerazzurra al primo giorno del ritiro di luglio, tra meno di tre mesi? A mio parere, salvo clamorosi colpi di scena, la risposta è no. Nessuno di questi cinque verrà quest’anno da noi. Oppure, mettiamola così: se uno dei cinque ha già accettato di essere l’allenatore dell’Inter 2017/18, è chiaro che la strategia deve seguire coerentemente la seconda parte dell’obiezione: ingaggiare i campioni.

C’è un altro ma: è realistico pensare ad oggi ad un Sanchez che sia disposto a venire all’Inter? Certo, con uno di quei cinque signori in panchina è molto più probabile, l’abbiamo già visto accadere a livelli un po’ inferiori con il ritorno di Mancini in panchina. E’innegabile che i Persic e i Miranda siano arrivati anche per il nome al timone dell’Inter. Ma in ogni caso, senza una partecipazione alla CL, i nomi tipo Sanchez sarebbero comunque di difficile, molto difficile, realizzazione.

Senza di loro, neanche uno dei cinque allenatori nell’elenco dei “top-top” può esimersi di richiedere del tempo per rendere la squadra competitiva: vedi Mou a Manchester, per esempio, che senz’altro ha una squadra fatta di grandi giocatori ma solo un paio di fuoriclasse assoluti, per giunta nella loro parabola discendente, oppure Guardiola nella sponda cittadina opposta, dove il suo calcio rappresenta una profonda rivoluzione culturale e non è riuscito a renderlo vincente in una sola stagione. I risultati di entrambi questi allenatori senza ombra di dubbio appartneneti alla categoria “top-top” a Manchester sono il logico specchio di questa situazione, per cui rimane a mio parere evidente che anche all’Inter, senza la possibilità di ingaggiare immediatamente quel fuoriclasse per reparto di cui ho accennato in precedenza, sarebbe molto probabile dover pianificare un ritorno ai massimi livelli spalmandone lo sviluppo su almeno due stagioni.

Allenatore ottimo, ottimi giocatori

Passiamo quindi allo scenario un filo più pessimista, ma probabilmente più realista: nessun allenatore “top-top” è al momento disponibile. Ipotizziamo però che ce ne sia uno, almeno uno, disponibile tra quelli di fascia immediatamente inferiore: qui ognuno può fare i nomi che preferisce, immagino che solo questo impegnerebbe ogni tifoso in una discussione infinita su chi dovrebbe stare nella lista. Però, tanto per fare qualche nome, diciamo che sia uno tra Allegri, Jardim, Emery, Pochettino (poi io ci metto anche Sarri e Koeman, per dire, qualcun altro immagino potrebbe e vorrebbe metterci anche Blanc, Mancini e Spalletti: va benissimo, i nomi, per il discorso che stiamo facendo, contano fino ad un certo punto).

C’è qualcuno che pensa realisticamente che uno degli allenatori elencati qui sopra, ognuno per i suoi motivi particolari (stile di gioco, esperienza del campionato italiano, altro) possa prendere una squadra da costruire con logica com’è l’Inter – perché oggi, come detto mille volte, la squadra è costruita malissimo – aggiungere tre o quattro ottimi giocatori ed essere competitivo da subito? Io non lo credo, con tutta sincerità. Credo invece che questa combinazione avrebbe moltissime possibilità di riportarci al vertice, ma con tutta probabilità, e ipotizzando che nel frattempo non vengano fatti errori di mercato, ci vorrebbero un paio di annate.

Poi, è evidente che qui parliamo di probabilità: nessun tifoso sano di mente si lamenterebbe di uno scenario del genere dove, per qualche miracolo sportivo, la propria squadra invece di impiegare un paio d’anni vince subito lo stesso alla faccia dell’allenatore “top-top” che non era disponibile e degli Alexis Sanchez che sono andati da un’altra parte. Ma se mi chiedete la probabilità di un evento del genere, vi rispondo col buon senso: scarsissima.

Ogni scenario inferiore a questo, e quindi vale a dire allenatore inferiore a questi nominati e giocatori giovani o forti ma alla loro prima esperienza in una grande squadra, farebbe aumentare il tempo necessario al raggiungere la competitività che tutti vogliamo, e diminuire la probabilità di riuscirci al primo colpo. Ma c’è un ultimo scenario che non possiamo saltare, perché è uno scenario possibile, anche se non so quanto probabile.

Allenatore Pioli, giocatori (si spera) migliori degli attuali

Stefano Pioli aveva sicuramente riportato un po’ di fiducia, se non nel gioco quanto meno con i risultati e una lunga striscia vincente che purtroppo, causa campionato molto anomalo, non ha riportato l’Inter abbastanza a ridosso del terzo posto, obiettivo stagionale dichiarato. Dopo l’apice raggiunto senz’altro nella strepitosa vittoria contro l’Atalanta, la squadra ha impattato a Torino e da lì in poi abbiamo assistito ad una veloce discesa agli inferi dell’umore dei tifosi, della squadra e del nostro “Piolometro”.

Ho sempre ritenuto Pioli un buon allenatore, uno di quelli che, per intenderci, nella mia gestione ideale dell’Inter post-triplete (pochissimi soldi, giocatori medi) avrebbe potuto e forse dovuto essere ingaggiato per riportare l’Inter ad una certa solidità di gioco nel tempo in modo da poter essere sfruttata da chi sarebbe arrivato dopo di lui con altre capacità, altre ambizioni e – come si sperava sin da allora – budget economici di altro tenore. Purtroppo l’Inter ha anche in quel caso inseguito progetti sbagliati e obiettivi ancor più sbagliati, la storia è nota.

Non è un mistero per nessuno la mia predilezione per un certo tipo di calcio e la mia benevolenza verso Frank de Boer: preso atto dell’errore madornale di aver ingaggiato un allenatore del genere ad agosto, il mio ragionamento a favore della sua permanenza si basava sul presupposto di una stagione irrimediabimente compromessa dai capricci di Mancini, e che quindi andava sfruttata per costruire qualcosa di duraturo in previsione della prossima. De Boer, nella mia idea, era sicuramente un allenatore adatto allo scopo, ancor più se destinato poi a fare le valigie a giugno.

L’arrivo di Pioli, chiamato per raddrizzare i risultati (non certo il gioco), aveva come presupposto i risultati stessi, per l’appunto. Mi sembra evidente che questi non siano arrivati nella misura in cui avrebbero dovuto giustificare il cambio di guida tecnica, al di là di calcoli come le medie punti che per quanto validi in questa situazione lasciano francamente il tempo che trovano. Però, coerentemente con quanto ho sostenuto nel criticare l’esonero dell’olandese, ci troviamo in una situazione molto simile: abbiamo visto negli scenari esaminati in precedenza che il tempo è un fattore fondamentale, e quindi una delle ottime ragioni per tenere Pioli al suo posto è l’aver guadagnato del tempo.

In un’eventuale prossima stagione, l’allenatore potrebbe dare seguito al suo progetto di gioco, i giocatori sarebbero già avvantaggiati nell’avere familiarità con i suoi metodi di lavoro, e in più – cosa da non trascurare – sembra anche ci sia un sostegno diffuso del gruppo nei confronti del tecnico parmense.

La mia personalissima opinione, soprattutto alla luce delle ultime prestazioni, è che un certo tipo di mentalità non si cambia e non si può comprare. Di certo Pioli non è l’unico responsabile di un finale di stagione che – e mi ripeto – trova in ogni caso ogni sua causa prima in quello sciaguratissimo e assurdo mese di luglio per il quale la dirigenza e Mancini non saranno mai stati presi abbastanza a male parole. Però quei venti minuti finali del derby di una settimana fa, soprattutto se messi a confronto con altre situazioni dove la squadra era in vantaggio, sono la cartina di tornasole di un certo tipo di atteggiamento che il mio allenatore nerazzurro ideale non dovrebbe mai avere.

Se Frank de Boer ha probabilmente dimostrato di non essere capace di allenare l’Inter, ha però dimostrato qual è la mentalità che l’allenatore dell’Inter, al di là del sistema di gioco, deve avere. Per Pioli direi l’esatto contrario, però non sono del tutto sfavorevole ad una sua riconferma, proprio perché gli scenari in cui l’Inter possa riuscire ad ottenre tutto e subito sono, secondo me, assai improbabili.

Questa è la panoramica delle possibilità che ci aspettano da luglio in poi. Se non credete a me, credete a quello che avete visto negli ultimi sei anni: ad ogni stagione l’idea di progetto spalmato su di un certo lasso di tempo è stato liquidato da società e tifosi come infattibile, la prima fissando il terzo posto come risultato da ottenere immediatamente e mettendo pressione non necessaria su allenatori (tanti e diversi) che ognuno per i propri motivi avrebbe avuto bisogno di più tempo dato soprattutto il valore medio e a volte mediocre dei giocatori a disposizione, i secondi lamentando il declassamento delle ambizioni di una società gloriosa come la nostra, non volendo fare i conti con una realtà oggettiva che a furia di sentirci urlacchiare “siamo l’Inter” ci ha restituito sbattendoci in faccia umiliazioni sportive che fanno ancora male adesso al solo pensarci, e non ve le elenco perché mi dà persino fastidio scriverne.

Una delle obiezioni, anzi direi l’obiezione principe che mi viene fatta sempre – e poiché ogni anno sono qua a scrivere un pezzo simile posso constatare che è dal 2012 che l’obiezione è sempre quella – è che non abbiamo più tempo.

Ovviamente l’obiezione è incontrovertibile: definitivamente, sei stagioni passate a guardare gli altri vincere, andare in CL e noi invece a perdere punti ogni anno con almeno una squadra che poi è retrocessa e finire sempre a 30 punti dalla prima hanno esaurito ogni pazienza dei tifosi. Purtroppo, per quanto esposto, la necessità del tempo per costruire una squadra vincente partendo da zero rimane la stessa: il tempo necessario non si accorcia solo perché è sei anni che ingoiamo bocconi amari. Ci volevano, nella migliore delle ipotesi, un paio di stagioni nel 2012, ce ne vogliono ugualmente due nel 2017.

Non mi resta che concludere con l’ennesimo appello alla società: siate chiari nelle aspettative, non abbiate timore a dare obiettivi realistici, anche se i tifosi mugugneranno. L’unico scenario che non ho descritto è quello che non ci possiamo permettere: allenatore nuovo, squadra nuova, obiettivo immediato. Come andrebbe a finire lo sappiamo già, ci sono sei stramaledette stagioni a dimostrarlo. Davvero non posso credere che ci sia un tifoso qualunque della Beneamata che vorrebbe vederne una settima, e poi un’ottava, una nona…