L’Inter si presenta all’Olimpico pagando le conseguenze dei mercati assurdi condotti in questi anni (perché se è vero che abbiamo preso anche molto bene, è altrettanto vero che manca sempre qualche pezzo): tutti gli infortunati nella stessa zona del campo (difesa a destra) e davanti solo 2 giocatori per fare 60 partite in un anno sportivo. Sarri gioca sui nostri punti deboli: la notoria non perfetta fascia Mkhitarian-Dimarco (spesso in affanno) e Bisteckone che in fase difensiva è tutto da verificare; grande dinamismo per cercare di mettere in difficoltà questi due punti a metà della nostra metà campo. E il piano gli riesce perché la Lazie ci mette in seria difficoltà.

Per fortuna Gila visto che non è riuscito a farci dare rigore decide di suicidare la Lazie indicando a Marusic un retro passaggio proprio sulla traiettoria di Lautaro che ringrazia, controlla, salta il portiere, quasi sbaglia il controllo ma poi insacca con cinismo 1.0; dopo pochi minuti rischiamo di mettere pure il secondo ma facciamo cilecca.

La Lazie rientra dagli spogliatoi spingendo di brutto e Rovella ha una palla perfetta su errore clamoroso di Calhanoglu: Sommer si guadagna la pagnotta dicendo no senza esitare. La partita segue lo stesso copione: i biancocelesti spingono, ma non pungono, noi appena possibile ripartiamo. Proprio da una ripartenza orchestrata da Barella perfettamente la palla arriva a Tikus che controlla di destro, guarda il portiere, insacca di sinistro con cinismo 2.0.

E potrebbe essere cinismo 3.0 se Mkhitarian al posto di chiudere gli occhi e tirare, alzasse lo sguardo e scavasse quella cazzo di palla. Ma i minuti passano, passano, e la Lazio non combina un cazzo se non farsi espellere un giocatore per insulti a un metro dalla faccia di Maresca. Prima della fine del recupero anche Frattesi potrebbe avere gloria, ma la palla sfila di 10 cm a lato della porta laziale. Ma non ci lamentiamo, abbiamo vinto, godiamo con cinismo e fanculo tutto il resto.