Le parole di Inzaghi al termine della partita di Porto suonano come una strana sinfonia tra le dichiarazioni di un allenatore già consapevole di essere fuori dall’Inter 2023/24 e quelle di un condottiero, troppo spesso delegittimato, che prova a prendersi una piccola rivincita per aver portato questa società ai quarti di finale di Champions League dopo 12 anni.

Sì, ma rivincita verso chi?

Al netto di quello che possiamo dire noi tifosotti da bar che contiamo il giusto, cioè niente, le critiche più grosse ricevute da Inzaghi sono state quelle della Curva Nord (con quello strano comunicato post Sampdoria) e quelle uscite sui giornali degli ultimi giorni, sintomo evidente di qualcuno che nell’ambiente è pronto a silurare il mister o l’ha già sostanzialmente fatto.

Ma chi?

Inzaghi pare anche abbastanza chiaro nelle parole di martedì sera, dice di sapere da dove provengono queste critiche e che parlerà a tempo debito, dato che lo deve, dice, a sé stesso e alla sua famiglia: non so come voi la pensiate ma sono parole pesanti, sintomo evidente di un fardello che si porta dentro da un bel po’.

E’ evidente che tutti i nostri retro-pensieri vanno a finire sulla dirigenza, l’unico elemento, assieme alla proprietà, mai sfiorato da alcuna polemica né critica, nonostante i numerosi errori compiuti su sponsor, mercato e chi più ne ha più ne metta.

E allora bene fa Inzaghi, se questa è la sua volontà, a togliersi qualche primo sassolino, se questo serve a motivarlo e a far vedere alla squadra, che spero possa seguirlo in questi ultimi 2-3 mesi da fare alla grande, che lui è il primo a non voler restare incastrato nel tritacarne Inter di Suning.

Non credo poi si lascerà andare a chissà quali dichiarazioni ulteriori, sappiamo bene come nessuno, una volta andato via dall’Inter di Zhang, abbia poi proferito parole pesanti nonostante periodi non proprio semplici da noi,  per usare un eufemismo.

Ma Inzaghi ha fatto bene a rivendicare questo risultato?

Diciamo prima di tutto che il merito di questo passaggio è solamente di mister e giocatori, questo è indiscutibile: proprietà e dirigenza sono da due anni alle prese con azioni di indebolimento della rosa in simil gestione pre fallimentare, quindi non è facilissimo districarsi in questa situazione.

Quindi, se volete la mia, sì ha fatto bene. Per quanta merda sta mangiando in questo periodo era uno sfogo prevedibile e quindi accettabile.

Ho visto passare su Twitter un commento che faceva notare il costo dei giocatori scesi in campo ieri da titolari contro il Porto (inserisco i valori espressi dal sito Transfermarkt al momento del passaggio all’Inter):

  • Onana – parametro zero
  • Darmian – 3,3 mln nel 2021
  • Acerbi – prestito
  • Bastoni – 31 mln nel 2017
  • Dumfries – 14 mln nel 2021
  • Barella – 12+32 mln tra 2019 e 2020
  • Calhanoglu – parametro zero
  • Mkhytarian – parametro zero
  • Dimarco – dalla Primavera
  • Dzeko – parametro zero
  • Lautaro – 25 mln nel 2018.

A disposizione gente in prestito (Lukaku), in scadenza e già sicura di andare via (Skriniar e forse De Vrij e Gagliardini), quasi ex (D’Ambrosio), inutili come Correa o ancora fuori fase come Brozovic.

Io non so se altre squadre attualmente ai quarti di Champions League siano state costruite in questo modo ma faccio veramente fatica ad immaginarlo.

Questo un po’ per inquadrare al meglio l’Inter che abbiamo davanti e che Inzaghi ha in mano attualmente.

Poi ovviamente dobbiamo anche dire, a discapito di Inzaghi, che otto sconfitte in campionato sono inaccettabili anche con questa rosa, che dovrebbe gestire meglio le (poche) risorse che ha altrimenti il mese di aprile sarà terribile con un calendario, fortunatamente, stra-fitto e quindi far giocare anche gli Asllani di turno e far macinare minuti a Brozovic e Lukaku, possiamo anche dire che a livello caratteriale e comunicativo non è da Inter, da un sacco di punti di vista (anche dal mio).

Ma dal suo, invece, di punto di vista bene fa a ribadire la bontà del suo lavoro, per lo meno per quanto fatto finora e nelle condizioni in cui è stato costretto a lavorare.

Lo scudetto 21/22 rimarrà un’onta, questo è vero, ma lì le colpe non sento di darle solo a lui ma soprattutto a chi, dall’alto, sapeva scientemente cosa stava facendo, perpetrando un’opera di indebolimento che ogni anno ci ha rosicchiato punti in classifica e quindi, di conseguenza, in termini di posizionamento.

Per questo mi sorprende fino ad un certo punto sentire le sue parole post-Porto, parole, come detto prima, di chi probabilmente già sa di essere a fine corsa con l’Inter ma che però, spero, gli facciano trovare ancora le ultime energie da tirare fuori per fare un finale di stagione al massimo.

Poi a giugno ne riparliamo: la mia speranza non è solo quella di chiarire il ruolo dell’allenatore ma anche quella di vedere finalmente chiuso il ciclo di questa squadra, un ciclo che non so quando si sia aperto né se sia stato un vero ciclo ma che ha bisogno di essere chiuso. Giocatori in scadenza per la stragrande maggioranza non rinnovati, ricambio generazionale anche nei leader (cosa non facile), possibilità di ripartire davvero.

Inzaghi non credo ci sarà più ma chi arriverà non si illuda: a meno di miracoli e/o rivoluzioni si ritroverà nello stesso brodo in cui il piacentino è stato cucinato (e tanti altri prima di lui).