di Giggioneggio

In concomitanza con l’arrivo dell’Inter in terra cinese, giungono da Pechino diverse notizie che coinvolgono, più o meno direttamente, il gruppo Suning.

La tv di stato CCTV, durante un episodio del magazine News 1+1, ha intervistato il ricercatore del “Chinese Academy of Social Sciences’ Financial Research Institute”, Yin Zhongli.

L’eco delle sue parole ha trovato grande cassa di risonanza sui media nazionali, media che hanno enfatizzato soprattutto il tema del riciclaggio, soffermandosi meno sulla questione più prettamente finanziaria sollevata dalla tv di stato cinese.

La critica mossa è molto più ampia e articolata, ed in estrema sintesi è la seguente:

  • Molte aziende mostrano già un elevato grado di indebitamento, ma continuano a comprare asset stranieri indebitandosi;
  • Se un investimento all’estero non dovesse essere redditizio, aggiungerebbe rischi al sistema bancario locale, il quale sta largamente finanziando le aziende cinesi;
  • Molti investimenti sulla carta hanno un elemento comune, la scarsa generazione di cash flow, per cui non si può escludere che ci sia un rischio di “money laundering” (riciclaggio appunto).

Queste parole si aggiungono ad una serie di eventi accaduti nelle settimane passate:

  • A giugno la banca centrale cinese ha vietato alle banche nazionali di finanziare sei acquisizioni del gruppo Wanda;
  • Martedì il gruppo Sunac China si è visto tagliare alcuni finanziamenti finalizzati all’acquisizione di parchi a tema e alberghi da Wanda per un ammontare pari a $9,3 miliardi;
  • Il mese scorso, la banca centrale cinese ha ordinato alle principali istituzioni finanziarie locali di esplicitare e rivedere le proprie esposizioni relative alle acquisizioni effettuate da 6 principali aziende cinesi (Wanda, HNA Group, Anbang Insurance, Rossoneri Sports Investment Management Changxing Ltd), come riportato da Calcio&Finanza (Milan, in Cina indagine sui prestiti delle banche: coinvolta anche la Rossoneri Sport).

Cosa emerge da queste notizie? L’impressione è che Suning debba lavorare su due diversi fronti:

  • uno più strettamente politico (continuare ad avere il sostegno del governo circa l’investimento nell’Inter e rispettare le linee guida nazionali sugli investimenti esteri) e su questo Suning si è già espressa tramite il vice presidente Sum Weimin;
  • uno di natura economico/finanziaria, ovvero la possibilità che alcune istituzioni finanziarie locali possano ridurre o addirittura tagliare i finanziamenti. Eventualità che potrebbe accadere ma che difficilmente può far trovare impreparato un gruppo delle dimensioni di Suning, che dovrebbe sicuramente aver diversificato le proprie fonti di finanziamento.

Intanto le azioni Suning hanno perso il 2,7% in Borsa, una reazione che a fine giornata può ritenersi contenuta, sebbene una buona parte di investitori ha preferito vendere ogni azienda che possa diventare un target della stretta sugli investimenti esteri dettata dal governo cinese.