Il Sassuolo è una delle nostre bestie nere e Berardi è l’interista che odia di più l’Inter dopo il tizio seduto due file sopra di me allo stadio che passa 90 minuti di ogni partita (85-87 in verità perché la merdaccia esce sempre prima) a insultare ogni giocatore senza mai dire una cosa giusta calcisticamente parlando (con il tizio finirà in rissa quasi certamente prima della fine del campionato, ma quando uno se le cerca…). Per cui se qualcuno pensava a una partita facile direi che deve rifare l’esame di interismo.

Nonostante queste premesse giochiamo un primo tempo sufficiente (anzi i primi 10 minuti sono da Inter delle prime giornate) anche se già nei primi 45 minuti emergono vecchi difetti e in particolare quello di produrre tanto gioco, ma non segnare manco con le mani: per fortuna ci pensa Cavallo Pazzo a uscire il coniglio del cilindro e insaccare l’1-0 con cui andiamo a riposo.

Purtroppo nel secondo tempo va in scena la Paranza dell’Arroganza: rientriamo molto molli, se possibile più del solito, e già nei primi minuti si vede che non abbiamo gamba (oltre che testa). Siamo spesso secondi su ogni pallone, ci manca sempre l’ultimo passaggio e spesso anche appoggi molto semplici sono mosci e facile preda di gente neroverde di bianco vestita che invece si avventa su ogni pallone come non ci fosse un domani. Al 50esimo sto già invocando un cambio a sinistra perché è palese che Dimarco non riesce a coprire tutta la fascia, costringendo Mkhitarian agli straordinari e Bastoni alla doppia marcatura (di fatto mandando in vacca tutta l’organizzazione difensiva della squadra).

Non faccio in tempo a terminare l’invocazione che proprio su quella fascia prendiamo un’imbucata da manuale che termina con il pareggio avversario (complice un Sommer in serata arridatemehanda: male in mezzo ai pali con annessa papera sul proprio palo e laserata sul secondo goal, male con i piedi con i quali regala svariate palle agli avversari invitandoli al contropiede in superiorità numerica). Uno pensa che a questo punto Scemone si svegli e si renda conto di aver fatto un paio di mezze minchiate, ma invece no, non cambia nulla, aspetta. Cosa aspetta non si sa, a meno che non sia il secondo goal del Sassuolo che arriva puntuale dai piedi di quella merdaccia di Berardi (spero che Sommer non l’abbia visto partire perché la non parata è degna di Handa dei tempi peggiori).

Prima di cambiare Scemone ci pensa ancora un po’, mentre la squadra continua a prendere imbucate e a non concludere un cazzo. Pensa che ti ripensa, dai, facciamo 4 cambi tutti insieme per buttarla in caciara: entrano Augusto per Dimarco con circa 20 minuti di ritardo, Frattesi per Mkhitarian, Devrij per un Bastoni ancora sottotono (da quando ho detto che mi ricordava Giacinto ha fatto cagare molle… Mi sento in colpa, Giacinto perdonami!), e con un grande colpo da Scemone d’antan toglie una delle punte (se perdi in casa non lo fai mai mai mai) per mettere la salma Maravilla. Finita. L’ultimo cambio con Klaassen che non vede praticamente mai il pallone è la certificazione assoluta del fatto che Scemone stasera non c’ha capito un cazzo.

Speriamo che la legnata serva: non siamo la rosa più completa (2 punte per 50 partite), né quella più forte (certamente non davanti né in porta), non abbiamo un fenomeno in panchina (checché se ne dica) né una società forte che ci protegga quando serve. Siamo i normal one e per provare a competere dobbiamo buttare sangue il doppio o il triplo di altri. Se non lo facciamo riemergono nel mare della nostra arroganza i vecchi difetti (stasera l’incapacità di concretizzare il gioco prodotto e la fragilità della fase difensiva). Se si vuole vincere qualcosa e non si è speciali, gambe in spalla e pedalare. Altrimenti non sarà l’ultimo schiaffone.