È sempre una straordinaria sorpresa vedere come i tifosi nerazzurri siano capaci di dividersi su ogni cosa: allenatori, giocatori, moduli, ipotesi, mercato, dirigenza, arbitri, modo

di sostenere la propria squadra. Non c’è una sola componente relativa al mondo del pallone sulla quale i tifosi della Beneamata riescano a raggiungere non dico l’unanimità, ché quella la si trova in altri stadi quando si contano male gli scudetti, ma almeno una maggioranza “bulgara”.

Le vicende di quest’annata bizzarra sono arcinote, e chi scrive non ha mai fatto mistero delle proprie idee decisamente minoritarie relativamente a quanto accaduto: la stagione nasce con un esonero tardivo che – parere personale numero uno – ha compromesso dall’inizio la stagione. L’allenatore chiamato ad operare il 15 agosto, per caratteristiche personali e situazioni oggettive, non poteva portare risultati immediati – parere personale numero due – e la società non ha voluto o saputo aspettare perché, per l’appunto, i risultati sono stati considerati un’esigenza immediata e non a medio termine.

Allenatore Pioli

Allo scopo di ovviare la pessima classifica risultante dai due e mesi e mezzo della gestione de Boer, è stato chiamato sulla panchina dell’Inter Stefano Pioli il quale, operando dei correttivi sul canovaccio steso dall’olandese e soprattutto conquistando le menti dei giocatori a disposizione, (vero scoglio sul quale s’è infranta la nave arancione di Frank al netto di vicende societarie imbarazzanti, e che almeno il sottoscritto non ha dimenticato), ha immediatamente migliorato la classifica nei successivi tre mesi.

Ci sarebbe anche da dire come l’anomalia di un campionato già finito a gennaio (retrocessioni e scudetto non sembrano essere in discussione, e a quanto pare anche secondo e terzo posto sono di difficilissima modifica rispetto all’attuale situazione) ha portato Pioli e tutti noi a godere di una tanto esaltante quanto frustrante striscia di ben 9 vittorie su 10 incontri disputati, senza che questa gigantesca mole di punti fatti in così breve tempo abbia portato niente di meglio che un aggancio all’Atalanta al quarto posto, posizione comunque insidiata validamente dalla Lazio distante un solo punto, e un avvicinamento a sei punti dall’obiettivo stagionale dichiarato, il terzo posto; punti che rimangono un’enormità considerando che le nostre concorrenti, nel frattempo, sono riuscite a conseguire più o meno lo stesso numero di vittorie.

E quindi? Direte voi. E quindi, Stefano Pioli ha fatto benissimo quello che è stato chiamato a fare: i punti. Non è certo colpa sua se mezzo campionato è già in vacanza e affronta le partite tipo calcetto del giovedì (che poi, non so voi, ma io a calcetto mi sbatto come un maledetto pur nella mia esagerata scarsezza, e se perdo rimango incazzato fino al mattino dopo e oltre: non credo si possa dire esattamente la stessa cosa per una buona metà delle compagini di questa serie A 2016/17).

Tra l’altro, Stefano Pioli, come accennato brevemente sopra, è riuscito brillantemente a compattare il gruppo, a migliorare la difesa ed a fare i punti che il club aveva chiesto; per giunta, è riuscito a farli giocando un calcio discreto, non rinnegando completamente il gioco posizionale e di dominio che era nelle intenzioni e nella filosofia del tecnico olandese che l’ha preceduto, ed esibendo per larghi tratti un modo molto piacevole di giocare, almeno secondo i miei gusti.

Ovviamente chi pensa che il terzo posto sia raggiungibile legherà la propria valutazione positiva della stagione e dell’allenatore secondo il conseguimento o meno della suddetta posizione in classifica. Ma per me che ho dato per persa l’annata già a luglio dopo l’incredibile vicenda Mancini, tutto ciò che vedo è una sicura base di partenza per la prossima stagione: è ovvio che se l’Inter dovesse arrivare terza alla fine del torneo sarebbe ancora meglio, quasi ridicolo sottolinearlo.

Sia che la si pensi in un modo oppure nell’altro, mi riesce assolutamente impossibile da capire la fregola di cambiare l’allenatore per la prossima stagione, fosse anche con un nome altisonante quale Simeone o simili. Il bello è che questa fregola la riscontro molto più facilmente tra i denigratori di de Boer che tra quelli che lo sostenevano, ed è ancora più sconcertante perché non riesco proprio a capire l’origine di questo tipo di valutazione che usa due pesi e due misure.

Sarà che a me piace ancora usare quello strumento demodé che è il buon senso, possibilmente corroborato dalla massima quantità di logica che riesco a tirar fuori dal mio sacco, ma proprio non riesco a capire: lasciamo perdere la mia opinione su de Boer e su ciò che avrei scelto se fossi stato al comando del club, ma chi richiedeva a gran voce un cambio di panchina a ottobre lo faceva per via della classifica deficitaria e del malcontento serpeggiante nella rosa riguardo al rapporto instaurato dall’ex allenatore dell’Ajax con i suoi giocatori, questo mi sembra ovvio e incontestabile. Chi ha giudicato giusto il cambio di panchina non ha dato ascolto a de Boer, ritenendo insufficienti le garanzie date dall’allenatore rispetto ai tempi ed ai modi per i quali la sua gestione avrebbe dovuto portare successi, e ritengo assolutamente legittima questa posizione anche se non era la mia.

E allora, per tutti gli dei del calcio e non, per quale dannato motivo si vuole cambiare oggi chi ha in concreto portato punti e prestazioni? Perché cambiare chi ha vinto tutte le partite con chi era più in basso in classifica e perso con chi è probabilmente oggettivamente ancora un gradino sopra la nostra squadra, quando la critica più stringente verso de Boer è stata rivolta alle sue prestazioni contro squadre di media classifica? Perché mandar via chi ha ricompattato il gruppo raggiungendo una lodevole comunità di intenti nella rosa, riuscendo anche a far lievitare le prestazioni di giocatori dati quasi per persi come Kondogbia, Eder, D’Ambrosio? Perché mai si dovrebbe buttare a mare una stagione raddrizzata (almeno sul piano della costruzione di una base tecnico-tattica che possa servire in futuro e su quello di una classifica accettabile) quando sembrava completamente persa e quindi aver possibilmente finito con i famosi “anni zero” in modo da iniziare nel prossimo luglio così con un benedettissimo e sospiratissimo “anno uno”?

Perché non aver creduto e dato fiducia allora all’olandese, che pure in pochissimo tempo aveva fatto intravedere cosa avrebbe potuto essere in maniera costante, e non una domenica su due come purtroppo è stato, la sua Inter ed essere invece certi che chiunque arrivi, fosse pure Simeone o Conte (sì, l’ho detto: fosse anche un fenomeno come i due citati), vinca subito? Dove sta questa certezza?

Lungi da me pensare che Simeone o Conte (ma potete mettere il nome che preferite tra i top del mestiere, il mio ragionamento non cambia) non sarebbero prima o poi vincenti sulla nostra panchina. Ma sappiamo anche, e lo sappiamo benissimo meglio di chiunque altro, che la panchina dell’Inter non è una panchina qualsiasi, e a me sembra che Pioli ci si sia seduto sopra magnificamente finora, sia nei rapporti interni alla squadra sia in quelli esterni col mondo dei media e dei tifosi.

Dopo sei anni sprecati per mancanza di strategia, tanto più grave in assenza di ingenti risorse finanziarie, sembra finalmente che la proprietà Suning non solo abbia capacità economiche fuori categoria, ma per giunta abbia le idee chiarissime su come impiegarle nel mondo del calcio, e nell’Inter in particolare. Spero vivamente che la società ci pensi molto, molto, molto attentamente su cosa fare riguardo al ruolo di allenatore dell’Inter stagione 2017/18. Se la squadra dovesse arrivare terza, e ripeto che personalmente non credo in alcun modo che ciò possa accadere seppur sperando ardentemente di sbagliarmi, la riconferma dovrebbe essere talmente scontata da non doverla neanche menzionare: ma anche se Pioli dovesse condurre l’Inter al quarto o quinto posto finendo la stagione sulla falsariga di quanto fatto finora, la sua permanenza sarebbe ampiamente meritata. Ha fatto esattamente ciò per il quale era stato scelto: punti, gruppo, valorizzazione della rosa ed una certa solidità di gioco che può sicuramente essere sviluppata e migliorata nella prossima stagione, quando la rosa sarà (speriamo) attrezzata al livello di chi ci sta davanti al momento.

Chiaro che un tracollo verticale o delle involuzioni sul piano del gioco potrebbero portarmi a rivedere questa posizione, com’è logico che sia. Ma al momento, ripeto, non riesco a capire quali motivi validi ci siano per auspicare un cambio basandosi solo su delle aspettative tutte da verificare, mentre ciò che Pioli è riuscito a fare sono fatti concreti e sotto gli occhi di tutti i tifosi.

Il mio nerazzurro razionale e non tifoso, come detto mille volte, avrebbe avuto la pazienza di aspettare non solo de Boer, ma qualsiasi tecnico da “progetto” fosse stato preso dopo Mourinho, e questa è la mia maggiore critica della gestione tecnica post-Mou, visto che secondo me è la principale causa di sei anni pessimi. Ma dopo aver visto questa stagione, nel male dell’inizio e soprattutto del bene che si è visto da novembre in poi, non ho assolutamente la pazienza per vedere un altro anno zero, fosse pure con Rinus Michels redivivo in panchina o con José da Setubal in versione deluxe.

È tempo di raccogliere, è tempo di portare a casa i risultati, è tempo di premiare il lavoro coerente e serio e smetterla di inseguire il “caudillo” taumaturgo: è ora di far vedere la normalità interista, che la retorica della pazza Inter – diciamolo – ha frantumato le gonadi, perché pazza per troppo tempo, troppo a lungo e troppo inconcludentemente non va assolutamente bene: è ora di celebrare la normalità che vuole un lavoro capace e competente unito a delle risorse importanti giungere a raccogliere le vittorie che entrambi si meritano.

Tanti auguri e complimenti, mister Pioli, da un irriducibile “deboeriano”: non vedo l’ora di vederla iniziare la prossima stagione alla guida di una squadra finalmente alla pari delle più forti.