Arrivo alla partita già carico d’odio come una molla: la maledetta sosta delle nazionali (peste la colga) ci restituisce Bastoni acciaccato perché “poverino sennò Mancini come faceva ad affrontare il dopolavoro del salcatzistan senza un titolare in difesa?“; come se non bastasse giochiamo alle 12:30 di domenica, uno degli orari più assurdi pensati dai geni della Lega Serie A, soprattutto con 30 gradi all’ombra e l’umidità di Saigon.

Onestamente mi aspettavo di vedere un Lautaro strisciare per terra dopo il volo transoceanico concluso praticamente 24 ore prima di entrare in campo, mentre El Toro fa una signora partita coronata da un bellissimo gol che purtroppo non varrà 3 punti (e averlo tolto in giornata di grazia non fa onore all’intelligenza del Mister). In compenso gli slavi nerazzurri sembra che abbiano fatto un rave di 144 ore consecutive: Brozovic è ancora ubriaco e non tocca un pallone giusto che sia uno, Perisic fa il compitino ma ha sulla cosciena un tiro cross a caso che poteva essere il gol del 3-2 che chiudeva i giochi, e Dzeko ha la stessa mobilità di Sanchez e la stessa reattività di Handanovic (sul quale poi spendo un paragrafo di adeguati e meritati insulti).

Nonostante tutto ciò la partita sembra mettersi bene: giochiamo dignitosamente, anche in termini di ritmo e Di Marco spara un missile all’incrocio dei pali su punizione che ci porta in vantaggio. Riusciamo a farci raggiungere su calcio piazzato dopo circa 9 tocchi di testa su uno qualsiasi dei quali un portiere normale sarebbe uscito anziché aspettare in porta e finire spiazzato dal tiraccio di un giapponese deviato da un bosiaco con il deambulatore. E’ ovvio che sul tiro non abbia colpe, ma su tutto il resto conferma che uno dei nostri due problemi principali quest’anno (e non solo) è lui. 

Non ci perdiamo d’animo e Nick Dynamite Barella scarta tutta la Samp appoggiando un cioccolatino che Lautaro deve solo battere a rete come un colpo da biliardo. Fine primo tempo sul 2-1 meritatissimo e partita che sembra in pugno. Ma noi siamo FC Internazionale, specializzata dalla notte dei tempi nel complicare la vita onirica e non dei suoi tifosi e nel portare chi la sostiene a vedersi chiuse le porte del paradiso: così rientriamo in campo come degli zombi (chissà che cazzo hanno bevuto negli spogliatoi), mentre i doriani di merda sembrano tutti un misto tra Pelé e Garrincha. Manco a dirlo in 2 minuti pigliamo un bel fico e andiamo di nuovo sul pari.

I 10-15 minuti successivi mi fanno ben sperare: se Calhanoglu non avesse scelto di mirare un moscerino sul lato esterno del palo anziché una soluzione balistica più semplice ed efficace considerato che aveva 25 mq di porta per decidere dove mettere la biglia, oppure se Perisic non fosse un Beavis che ce l’ha fatta,  forse parleremmo di una vittoria larga e mai in discussione. Invece cannano entrambi e andiamo in bambola. L’ossigeno comincia a mancare e pure Inzaghi è vittima di un colpo di calore perché decide di giocarsi la carta “mago in panchina”, facendo l’esatto contrario di quanto dichiarato in conferenza stampa: toglie Lautaro con un occhio al Ladrid per lasciare uno Dzeko impresentabile, e si brucia i cambi in un amen per far riposare quelli che ritiene titolari; poi Di Marco ha i crampi e decide di cambiare ancora, ma commette l’incredibile errore di credere che Sensolo sia un giocatore di calcio e non un tavolino per fidanzate troppo protagoniste sotto mentite spoglie. 

Appena mette piede in campo quel maledetto mezzo hobbit io ho la certezza che si stoccherà e ci lascerà in 10: non faccio in tempo manco a verbalizzare questo sentore che il prode Stefano decide di farsi il collaterale in un normalissimo contrasto di gioco andandoci con la solita mollezza che ormai gli è caratteristica. Inzaghi sempre più in barca anziché toglierlo dal campo e spedirlo direttamente sul tavolo delle autopsie lo lascia lì a ciondolare: nessuno sa se dargli o meno il pallone, nessuno capisce se la zona di campo dove sta verrà presidiata o no, in compenso perdiamo 10 minuti per capire se starà in piedi oppure è marcio. Quando se ne va è ormai tardi per recuperare e la partita si conclude con un pareggio che ha tanto il sapore di spreco senza senso (ma con sensi).

Mia opinione: davanti abbiamo perso molte certezze e un grande leader (stronzo ad andarsene oppure no, ma io ne sto facendo una questione tecnico sportiva), mentre il mister non ha ancora capito come colmare in certe situazioni questa assenza (Dzeko di 3 anni fa forse sarebbe stato sufficiente, Edin oggi no); dietro lo sloveno sta mandando in paranoia tutti i compagni (che ormai presidiano la linea di porta e se non lo fanno vivono nel terrore come nel caso odierno del quasi autogol dello sloveno su cross dalla bandierina di Cadrega) e subiamo molto di più, finendo per avere meno certezze anche nel reparto che meno è cambiato e che poteva tenere botta, la difesa. Urge risolvere almeno uno dei due problemi, quello più facile, pensionando l’ottuagenario con lo sguardo laser. E armarci di pazienza per la gragnuola di fichi che prenderemo mercoledì, consolandoci con la musichetta che piace tanto a tutti i tifosi del globo (e pure ai giocatori).