IL TIFOSO

Bel pomeriggio primaverile a Torino. Scendo dal tram e mi dirigo verso i cancelli, scorgendo con raccapriccio una fila chilometrica. I cancelli aperti per tutta la tribuna distinti sono solo tre. Manca quasi un’ora alle 18, ma perdo le speranze di entrare prima dell’inizio. Quando la turba in attesa inizia a brandire i forconi si aprono altre due porte. Alle 17.58 passo i controlli, corro fino alla scala e affronto gli agghiaccianti gradoni che mi portano al terzo anello, al quale giungo accusando sintomi come asfissia, occhi pallati, arresto cardiaco, lingua felpata, aurore boreali e miraggi, appena in tempo per il fischio d’inizio. Ben presto capisco di avere alla mia sinistra uno psicolabile: per 45 minuti subisco pacate osservazioni come “COSA FAIIIIIII”, “STRINGIIIIIII”, “ALLARGAAAAAA”, “SE ERO IO L’ALLENATOREEEEE…”, “BANTI VENDUTOOOOOO”, “LADRIIIIIIII”, “MERDEEEEEEEEE”, “NON GLI RIUSCIRA’ MAI PIU’ UNA COSA DEL GENEREEEEEEE”, il tutto accompagnato da pugni potenti sul sedile. Al 45’, stremata, al fine di evitare un Daspo per violenza sul vicino, abbandono il mio posto per andare a sedermi due file più avanti. Nonostante la simpatica compagnia cerco di tenere gli occhi sulla partita, anche se la corsa per arrivare in tribuna e il timpano sinistro martoriato potrebbero aver falsato la mia percezione della realtà.

I miei appunti dal campo:

Non ingranano Banega, Gagliardini e Candreva, anche se il buon Antonio porta il gol del pareggio.

A centrocampo fatichiamo a manovrare. Manca un giocatore con visione di gioco e capace di giocare di prima. Il fatto che un Normal One come Gagliardini ci abbia permesso di svoltare fin da subito ci fa capire quanto sia stato grave il mancato intervento su questo reparto negli ultimi sei anni. Kondogbia molto bene nel recupero palla, ma sbaglia davvero troppi passaggi in verticale: urge una cura a base di palla calciata contro il muro. Rivendico comunque il mio ruolo di amuleto di Goffredo: presente a entrambi i suoi gol nerazzurri, al primo in compresenza con l’amico Cristiano. L’azione stop-girata-accentramento-ciabattata a 1,7 km/h-saponetta di Hart dura in tutto 53 secondi netti e alla palla oltre la linea scoppio letteralmente a ridere. Lo spettatore alla mia sinistra sottolinea il concetto esclamando ventisei volte “CI HA SEGNATO IL PIU’ SCARSO DEI LOROOOOOOO”.

Facciamo pochi cross e raramente questi arrivano a chi si trova nella posizione più favorevole. Continuo a cullare il sogno di rivedere presto almeno un terzino capace in questo fondamentale.

Icardi si vede pochissimo, ma passa quasi tutta la partita a sbattersi solo come un cane. Stavolta è bastato un Eder per ridare un minimo di vita alle nostre azioni offensive ed è tutto dire. La soluzione, dunque, non è cedere Icardi, bensì prendere almeno un altro attaccante forte che lo affianchi, sempre per quella saggia regola secondo cui due attaccanti forti sono meglio di un solo attaccante forte (firmato Grazia Arcazzo).

Belotti, ben controllato dai nostri centrali, non trova di meglio da fare che passare il 90% del tempo a rotolarsi per terra. Maxi Lopez entra per dargli man forte, ma il suo nervosismo è palpabile e la foga lo porta a meritarsi un giallo per simulazione, oltre all’appellativo di cornuto da parte di un mio vicino di posto.

Non mi capacito del gol subito da Acquah, altrimenti autore di una partita inquietante, mentre il gol sbagliato da Perisic al 93’ popolerà i miei incubi ancora a lungo.

Una nota sul pubblico torinista: stavolta niente fischi preventivi a Icardi, ma il coretto “siete come la Juve” è duro a morire ed è qualcosa che non cessa di mandarmi in bestia.

In conclusione non provo grande rammarico per i due punti persi. Si poteva fare meglio, certo, e alcuni errori sotto porta gridano vendetta, ma il Toro in casa ha perso solo con la Juve e io mi dolgo molto di più per i primi tre mesi di campionato. Tuttavia in questa primavera ho finalmente la certezza, e non più solo la vaga speranza, che l’anno prossimo questa squadra migliorerà e lotterà per traguardi ben più soddisfacenti del posticino in Europa League. Questa prospettiva mi permette di affrontare con serenità queste ultime partite malgrado la sostanziale certezza del sesto anno di fila senza Champions. Speriamo sia l’ultimo. (FedeVieiraDaSilva)

L’ARBITRO (in ferie)

Pochi per fortuna gli episodi aritrali contestati. Banti decide per un arbitraggio all’inglese fischiando poco ed estraendo il primo giallo (peraltro una simulazione di Maxi Lopez che non c’era) solo nei minuti di recupero.

Regolari entrambi i gol dell’Inter caratterizzati da due posizioni di fuorigioco passive: sia Icardi sia Perisic non si trovano sulla traiettoria del pallone e non distrurbano la parata del portiere.

Poteva starci un mezzo rigore per l’Inter a metà secondo tempo per una trattenuta prolungata di Rossettini su Icardi. Banti non vede ma anche se avesse visto è la classica tipologia di rigori che non ci assegnano praticamente mai. (Redazione)

IL GIORNALISTA

Un pareggio che sa di sconfitta, se si guarda la zona Champions. Un pareggio che complica ma nemmeno troppo la corsa all’Europa League, visti i risultati delle dirette avversarie. Comunque sia resta difficile, se non impossibile, guardare il bicchiere mezzo pieno, soprattutto considerando le occasioni nel finale.

Il problema è che, complice la partenza ad handicap in stagione, l’Inter aveva bisogno di essere praticamente perfetta per tenere il ritmo di chi è davanti. C’era riuscita quasi sempre finora, tolta forse solo la gara con la Roma: con il Torino è stata tutt’altro che perfetta (anzi, per lunghi tratti è stata probabilmente la peggiore Inter di Pioli), anche a causa di una prestazione sottotono dei trascinatori delle ultime gare, da Gagliardini a Candreva passando per Banega e Perisic, eppure è andata ad un passo comunque dal vincere.

Ovviamente la partita in sé lascia l’amaro in bocca, anche per l’incapacità di gestire il vantaggio (“malattia” da cui l’Inter sembrava essere guarita).

Ma c’è una considerazione da fare: tenere la media di 2,3 punti a partita fino a maggio era impossibile. Nell’ottica generale di un campionato normale, è un pareggio che può anche starci: in un campionato anomalo come quello in corso, basta un pari per frenarti, anche se poi il pari della Lazio ha aiutato a non pagare troppe conseguenze negativa. Ora sta a Pioli prendere la pausa come momento per tirare il fiato e preparare al meglio gli ultimi due mesi, anche per provare a guadagnarsi la conferma. (Matteo Spaziante)