Come sempre il primo post della rubrica è basato sul niente e sulla peggior parte di ogni tifoso cioè l’ansia per la stagione che verrà, sommata nel caso degli interisti a una tradizione di lunga data fatta di aspettative tradite e speranze vanificate, di vantaggi sperperati e di scelte idiosincratiche a dire poco. E’ basato sul niente perché in teoria le amichevoli servono per sperimentare (e quindi anche e soprattutto per sbagliare) e il mercato è ancora aperto ed entra nel vivo proprio mentre si scrivono le righe del post (rendendo quindi potenzialmente ribaltabile e già smentita ogni opinione in merito a rosa, smaltimento cespiti e acquisto innesti). Ma siamo tifosi che scrivono su un cazzo di blog, sulla versione online di un trani di tanti anni fa davanti alla Gazzetta e alle voci incontrollate come unica fonte di informazione stabile e instabile, siamo abituati ad opinare l’inopinabile, a smadonnare anche quando non serve, a dare libero sfogo alla nostra passione senza doverci preoccupare troppo delle inesistenti conseguenze o incongruenze sul piano materiale o del fatto che potremmo cambiare idea tra 5 minuti in base a ciò che accade.
Al momento quello che posso dire è che so che Inzaghi vuole cambiare delle cose, vuole un gioco più aggressivo e offensivo, con un pressing altissimo e la linea dei difensori a centrocampo, cosa che due anni fa ci garantì di arrivare a quasi 50 gol subiti. Mi rendo conto che gli interpreti sono diversi da quelli di 2 anni fa (fino a un certo punto) e che bisogna sempre sperimentare, ma questa idea che il calcio moderno sia bello solo se le partite finiscono 7-6 (non sempre a tuo favore) non mi ha mai convinto e spero che il comandante Farris (e Marotta) lo riporti sulla retta via (e in effetti l’ultima amichevole, l’unica giocata decentemente almeno fino a che non sono entrati giocatori di cui non ricorderemo il nome già tra 1 mese, sembrerebbe indicare questa possibilità).
Quello che ci dice il precampionato è che abbiamo dei ruoli in cui siamo sostanzialmente scoperti o affidati a interpreti che dobbiamo pregare tutti gli dei in cui crediamo e non crediamo perché rifacciano la stagione della vita (Acerbi e Darmian col fiatone già ad agosto), una stagione senza spaccarsi ogni 2 mesi (De Vrij), mezza stagione con il cervello (Cavallo Pazzo versione Insetto Stecco che io che sono un suo fan della prima ora posso dire si sta comportando come un omino qualsiasi facendo parlare a sproposito l’agente senza alcun costrutto e senza giustificare in alcun modo con le prestazioni la sua percezione di se stesso): in particolare parliamo del difensore centrale (marcatore o stopper di una volta) e dell’esterno destro (anche al netto dell’esplosione di Bisteckone almeno uno dei due ruoli andrebbe coperto).
L’altra cosa che ci dice è che in attacco abbiamo diversi grossi problemi i cui principali nomi sono loffia Correa e tronchetto-della-felicità Arnautovic (entrambi nel soprannome vedono indicata la loro utilità e il grado di gioia con cui uno li incontra); inaccettabile prenderli, ancora più inaccettabile tenerseli e peggio di tutto è non stracciare il loro contratto mandandoli a calci in culo da qualche parte senza che indossino la nostra camiseta. Senza contare che la loro presenza è anche il motivo per cui (si dice, si mormora, si svelina) non possiamo prendere una quarta punta decente da far entrare nelle rotazioni e con caratteristiche diverse da quelle che abbiamo (o un pennellone per far salire la squadra o per come la vedo io uno che abbia almeno un primo dribbling nelle gambe e che possa saltare l’uomo non dico tanto ma una volta a partita).
Questi due problemi il nostro management non è stato in grado (al momento) di risolverli, convinto che la rosa che ha vinto la seconda stella con un anno in più, meno motivazione (da verificare, ma possibile l’effetto “pancia piena”), le stesse lacune e al lordo di miracoli che si sono verificati nel corso del 2023/2024 per alcuni giocatori sia sufficiente per ripetersi affrontando un calendario più fitto, rivali che si sono rinforzate e che giustamente avendo perso hanno garra e voglia di rivincita, e l’irresistibile richiamo di provare a vincere qualcosa che non si è ancora vinto ma che ha nel caso e nelle occasioni una componente casuale legata ai dettagli che difficilmente si può programmare e su cui puntare tutto. In compenso abbiamo comprato il secondo portiere tutto da impostare e verificare (e che non convince nessuno dei tifosi) con tutto il budget disponibile.
Però.
Tocca fidarsi. Dopo una stagione come quella passata, tocca fidarsi. Tocca fidarsi di Inzaghi che ha dimostrato di saper vincere e di sapersi evolvere, tocca fidarsi di Marotta nonostante la sua fissazione per gli instant team e per giocatori che già hanno dimostrato e preferibilmente in serie A, tocca fidarsi pure di Ausilio e delle sue operazioni creative finalizzate sempre a comprare terzini di un tipo o di un altro, tocca fidarsi pure della nuova proprietà anche se dice che vuol fare una grande squadra di giovani orientata al futuro ma senza metterci una lira (deja vu tremendo).
È che io sono nato diffidente, o meglio, ho grande fiducia nell’umanità in generale, ma pochissima fiducia nei singoli esseri umani. Soprattutto nel calcio, essendo tifoso, e avendo già fatto pace con l’istinto che porta a insultare ogni mio giocatore e ad esultare il minuto dopo per la squadra. Ma vivere la contraddizioni è una delle cifre del tifo, e l’irrazionalità fa parte del fascino irresistibile che esercita sui nostri animi. Però tocca fidarsi lo stesso. E quindi affacciarsi nonostante tutto sulla quarta dimensione.
La quarta dimensione è quella del sogno e dell’immaginazione, quella a cui non sappiamo dare forma e rappresentare nella nostra mente con chiarezza se la riferiamo solo alla realtà, quella che ci sfugge eppure esiste. La quarta dimensione però è matematicamente pensabile, la possiamo studiare e ipotizzare, la possiamo accarezzare con la mente senza poterla toccare. La quarta dimensione è il tempo, è il caos, è la possibilità. La quarta dimensione è ciò di cui si nutre il tifo, la follia che ci trascina verso il nerazzurro. La nostra quarta dimensione è l’Inter e allo stesso tempo siamo noi e tutti i nostri desideri.