di JulioDiCass

 

Un decennio è terminato per la nostra Inter. Un decennio ricco di successi… interrottisi subito con la partenza di Eto’o e Leonardo, prodromo della seguente smobilitazione morattiana, un esempio di logistica sportiva degno dell’evacuazione della Prussia Orientale da parte dei Nazisti durante l’invasione Sovietica nel lontano 1944. Così, in questi giorni così gravidi di speranzose attese per il mercato invernale, vorrei regalare un piccolo pensiero all’ “All-Stars” team che l’Inter ci ha fatto apprezzare nella decade appena trascorsa. Intanto auguro a tutti buon anno, buona decade e un mai vecchio “Forza Inter”.

 

 

1) Samir Handanovic (portiere)

Come Diletta ci ha giustamente insegnato, lei maestra di tante arti, solo alla fine del decennio Samir si è riscattato dopo stagioni opache, in cui il maestro di calcio Mancini aveva addirittura pensato di panchinarlo in favore del vetusto Carrizo. Ahimè il trapezista della porta argentino ha poi subito un’indigestione alla vigilia di un Inter-Cesena decisivo per il settimo posto, e Samir è rimasto in sella. Leggendarie comunque le sue parate con sguardo-laser, le sue uscite raccomandate con ricevuta di ritorno, e i suoi siderali lanci di mano oltre la linea di metà campo, a servire l’accorrente esterno avversario. Di questa lista, rimane comunque uno dei pochi a cui vogliamo ancora bene.

 

2) Jonathan (terzino/esterno destro)

Il suo acquisto, in realtà sottovalutato, è un immenso omaggio ai fratelli Martino e all'”Allenatore nel pallone” da parte del sotto-menzionato Direttore. In effetti, per sostituire un terzino destro brasiliano pelato in un adattamento cinematografico, Jonathan sarebbe stato perfetto. Peccato che non si girasse il film “I leoni del Camp Nou” in onore del triplete interista, ma il campionato di serie A e la Champions’ League edizione 2011/12. Talmente pippa che, dopo lo sconcerto iniziale, San Siro per contrappasso lo elegge a idolo. Stella mediatica pre-social, un suo video con Federico Buffa a celebrarne le “gesta” ne ha fatto un personaggio epico. Uno dei pochissimi a mandare giù i “codisci” del Vate di San Vincenzo. Peccato che col suo esonero, il meglio era già passato.

 

3) Alvaro Pereira (terzino/esterno sinistro)

E’ difficile eleggere il terzino sinistro del decennio. Di terzini sinistri offensivi il Direttore ci ha riempito gli occhi, tanto da farceli sanguinare. E visto che Nagatomo* (special mention) ha comunque partecipato all’ultima vittoria di prestigio, all’Allianz Arena di Monaco, dell’Inter, scelgo Alvaro Pereira, l’uruguagio protagonista col nostro ex Villas-Boas del “tripletino del 2011”, come terzino sinistro del decennio. L’ho visto giocare la prima volta contro il Nefchi Baku (sigh!) e negli occhi dei miei amici ho visto l’abisso di una stagione buttata letteralmente nel cesso. Colui che doveva, col suo dinamismo e la sua duttilità, risolvere i problemi della mediana e della difesa tutta non sapeva neanche controllare il pallone. Dire che aveva i piedi a ferro da stiro sarebbe un’offesa… per un oggetto comunque di utilità. Pereira era il giocatore inutile per antonomasia, nel migliore dei casi, se non dannoso. Panchinato dopo pochissime apparizioni, ha comunque gravato sulle già esauste casse interiste per l’intera durata del contratto, con prestiti con diritti mai esercitati in Solcazia e Vattelappesconia, lui quasi bronzo mondiale e plurititolato in Lusitania! Con la sua folta chioma e la sua galoppata sbilenca ha ricordato a tutti che a San Siro lì vicino un tempo si disputavano anche competizioni ippiche, e il nostro Alvaro sarebbe stato il perfetto esempio di brocco.

 

4) Andrea Ranocchia (difensore centrale [destro])

L’uomo che con la sola tibia riuscì a fermare un contropiede 3-contro-1 del Bayern di Robben, Muller e Ribery è anche la pippa difensiva del decennio. Per anni le sue cappelle, i suoi lisci, i suoi svarioni sono stati assist vincenti per gli Ekdal di turno, liberi di scorrazzare impunemente nella nostra area, con la complice assenza in uscita del nostro portiere. Arrivato in pompa-magna come il Nesta del decennio, in uno di quei misteriosi affari col Genoa in cui la metà giocante era sempre in Liguria ma i costi gravavano su quella non giocante, subito in campo per sostituire il lungodegente Samuel, vive la stagione d’esordio fra (pochi) alti e (molti) bassi. Panchinato dagli ottuagenari reduci del lustro nerazzurro la stagione successiva, sembra trovare in Stramaccioni il suo pigmalione, sprofondando poi nel rendimento come l’intera compagine guidata dal giovane allenatore. Nel travagliato cambio di proprietà assurge persino al ruolo di capitano, poichè come disse il Direttore, “incarna i valori di questa squadra”: avventato e goffo. Con Mancini si trova la porta chiusa in faccia, va in prestito e ivi riesce persino a essere surclassato in uno scatto dal non fulmineo Icardi al suo ritorno amarcord a San Siro con la casacca blucerchiata. Rientrato dal prestito per evidente incapacità della società a smaltire ogni qualsivoglia rifiuto, adesso è un panchinaro felice. Ha sofferto con noi e per noi (ma è stato pagato!) questi confusi anni, e per questo anche a lui un po’ vogliamo bene.

 

5) Juan Jesus (difensore centrale [sinistro])

Fra tutte le nazioni del mondo, mai avremmo pensato che un così sgraziato pedatore potesse provenire dal Brasile, patria dei mancini più sublimi. Irruento e goffo, dalla tecnica alquanto approssimativa, con Ranocchia per anni ha rappresentato, più che una saracinesca, uno scolapasta per le sortite avversarie. Talvolta orribilmente spostato sulla fascia perchè mancino, ha fatto sempre rimpiangere i Wallace o i Nagatomo di turno. Eppure è stato per tre lunghe stagioni titolare inamovibile, più per demeriti altrui. Colleziona anche 4 presenze con la Selecao, segno dei tempi… brutti, per noi e per loro.

 

6) Yann M’Vila-Gary Medel (ex-equo) (centrocampista centrale)

Niente, non mi riesco a decidere su chi puntare per questo ruolo così delicato. Entrambe operazioni di mercato “spettacolose” del Direttore, rappresentano quello che per l’Inter del decennio deve essere l’acquisto a centrocampo: o un reietto con passato di grande promessa, o un veterano senza pelo sullo stomaco, tutto grinta e coraggio, ma che a mala pena saprebbe imbastire un’azione in serie C. Su M’Vila ammetto che ci avevo sperato molto, finalmente un centrocampista tecnico e di personalità, già capitano del Rennes e nazionale francese in tenera età. Finito a pescare rubli in riva al Volga, arriva in ritiro, dopo estenuanti trattative sulla tredicesima cifra decimale del prezzo del riscatto, bolso come un taverniere armeno. Si muove con la rapidità del pendolo di Foucault, facendo “diga” nel metro quadrato da lui occupato e lasciando praterie in cui i Medel e i Kuzmanovic avrebbero poi dovuto inseguire – sa va sans dir – senza successo l’immancabile ripartenza sui nostri errori in palleggio. Subito mal visto da Mazzarri, Mancini gli porge un biglietto di sola andata sull’Orient Express destinazione Kazan.

L’altro dioscuro del centrocampo è il cileno campione sudamericano Gary Medel, detto il pitbull. Ora, quando di un giocatore non si riesce a dire nient’altro che il suo soprannome canino, vuol dire che quest’uomo non era tagliato per questo sport. Infatti l’Inter lo acquista, dopo un buon campionato del mondo, dal già retrocesso Cardiff. Avrebbe dovuto essere il sostituto di Cambiasso, finisce per contendere il posto da difensore centrale a Juan Jesus e Murillo, là dove il suo stentato metro e sessanta avrebbe arrecato il danno maggiore ai colori nerazzurri. Maestro del buco con rincorsa per tapparlo, è stato sempre motivo di spunto per coloriti improperi contro le figure apicali della fede cattolica.

 

7) Ezequiel Schelotto (mezzala/ala destra)

Non si vedeva piangere un giocatore per un goal, e neanche importante, dal 4-0 di Nello Russo nella stagione ’99/2000. Ma quello era un ragazzino della primavera che giocava con Ronaldo, Baggio e Vieri e che mai più avrebbe calcato quei palcoscenici. Il nostro eroe della fascia destra (vincitore di un’incollatura su Antonio Candreva e Zdravko Kuzmanović) invece era stato a lungo corteggiato dai nostri direttori per risolvere gli annosi problemi dinamici del nostro vetusto centrocampo. Paradigma di lungimiranza della nostra dirigenza, Ezequiel Schelotto arriva dall’Atalanta, in una ignominiosa sessione di mercato invernale in cui viene ceduto Coutinho, con passaporto e l’aura del nazionale italiano in pectore. Dopo aver sbalordito il mondo col Cesena di Giaccherini e Parolo, il Jairzinho della Pampa arriva sponsorizzato dal clan argentino. E si segnala subito per la sua pochezza tecnica imbarazzate. Relegato subito in panchina, negli anni a seguire rivestirà comunque un ruolo importante nell’educazione scolastica dei piccoli tifosi interisti perchè ci ha permesso di esplorare la vastità del globo terraqueo nelle destinazioni per una cessione a titolo definitivo a lui prospettate e sempre prontamente rifiutate.

 

8) Fredy Guarín (mezzala sinistra)

Si dice che una volta Archimede disse “datemi un punto di appoggio, e vi solleverò il mondo”. Il centrocampista colombiano, parafrasando l’illustre matematico greco, datogli un pallone in appoggio, lo scagliava piuttosto violentemente in tribuna. Acquistato dal Porto a gennaio da infortunato cronico, fa appena in tempo a ritornare in campo per le ultime partite della stagione 2012 concluse con un fantastico sesto posto che ci vale i preliminari di EL in Salcazzia. Nemico giurato dei loggionisti di San Siro, per anni è stato croce e delizia del mondo nerazzurro. Di lui si ricorda l’ingaggio di un team del Massachussets Institute of Technology (con formula del prestito con diritto di riscatto) per stabilirne se era meglio impiegarlo da mezzala o da seconda punta. Architrave del 3-6-1 Mazzarriano, per anni è stato il più tecnico fra i centrocampisti nerazzurri. Vittima del suo smisurato egoismo, la nuova proprietà lo spedisce in Cina, con l’intento mascherato di sistemare il bilancio, ma celatamente per curarne l’ego attraverso i campi di rieducazione lì tanto famosi. E’ comunque uno degli eroi dello sverginamento del Cona(t) Stadium.

 

9) Tommaso Rocchi (centravanti)

Nel tridente d’attacco del decennio non poteva non figurare Tommaso Rocchi, definito da capitan Zanetti “difficile da marcare, perché è uno che fa dei movimenti in profondità, non è facile da prendere. Parliamo di un grande campione”. Forse causa vecchiaia si riferiva al campione di slalom Rocca, ma non lo sapremo mai. Di certo arriva, sempre a gennaio, come scarto della Lazio del tirchio Lotito. L’infortunio di Milito lo mette subito in pista. Peccato che per gli avversari la sua marcatura risulti piuttosto agevole. Di lui in maglia nerazzurra rimarrà soltanto una splendida azione coronata da goal imbastita con l’altro pelato Jonathan e l’altra evanescente meteora interista Alvarez. Semifinale di ritorno di coppa Italia, all’improvviso l’imponderabile: prima Jonathan fa un dai e vai con Ricky Alvarez che gli restituisce il pallone di tacco e la stessa triangolazione viene ripetuta subito dopo con Tommaso Rocchi che, sempre di tacco, serve il brasiliano che di destro insacca. Come nell’Allenatore nel Pallone, è “un goal a freddo”: la Roma ce ne fa tre e in finale ci andrà lei.

 

10) Ricky Álvarez (trequartista)

Per tutti, prima del suo arrivo, doveva essere il nuovo Kakà. Tiri e scatti, il grande colpo di mercato dall’Argentina sembrava un investimento lungimirante sul futuro, in grado anche di panchinare l’eroe Sneijder e convincerlo ad accettare una (remunerativa per noi) cessione. Operazione portata a termine con (sospetto) anticipo, sin dalle prime apparizioni contro le rappresentative amatoriali trentine Alvarez appare un lungagnone lento dal tiro innocuo. Di Kakà solo una tenue somiglianza, il che potrebbe gettare dei sospetti più sul padre del brasiliano che sulla competenza calcistica degli scout interisti. Eppure Ricky qualcosa nel marasma di quegl’anni interisti riuscirà pure a combinarla. Abbastanza da guadagnarsi una convocazione al mondiale 2014 in cui diverrà, senza meriti, vice-campione del mondo. Durante il periodo di magra economica, viene preferito a Coutinho, che ceduto diverrà stella da 120 milioni di Euro. Capolavoro al contrario di Branca-Ausilio, ce ne libereremo con un prestito-con-obbligo al Sunderland, che si rifiuterà poi di corrisponderne il riscatto. Qualcuno, non io, ha poi anche seguito la vicenda legale, che si è svolta lentamente, come d’uopo per Alvarez.

 

11) Diego Forlan (seconda punta/ala sinistra)

Da anni non si vedeva un rovescio liftato così preciso nei Tennis club della Brianza. E il tutto durante il periodo di convalescenza dopo un infortunio. La parabola interista di uno dei più grandi campioni uruguagi degli ultimi 50 anni sta tutta qui e in quell’incredibile acquisto dopo un preliminare europeo che lo avrebbe escluso sicuramente dalla fase a gironi della CL. Acquistato per non far rimpiangere Eto’o… sarebbe stato meno doloroso scagazzare sulla torta di compleanno di ogni primogenito maschio interista. Inane nel 3-4-3 Gasperiniano, Ranieri gli preferisce Pazzini anche se febbricitante. Inaugura la felice stagione delle rescissioni consensuali (dietro pagamento con moneta sonante) di tanti invendibili collezionati o rinnovati dal Direttore.

 

Allenatore – Andrea Stramaccioni

Così Moratti, in uno dei suoi ultimi vagiti da lunatico azionista-di-maggioranza, battezzò il novello Michels del Duemila: “Ci voleva qualcosa di nuovo, che desse una scossa all’ambiente. Almeno ora ti alzi al mattino e c’è qualcosa di nuovo. Stramaccioni tatticamente è molto bravo. Probabilmente egli stesso vittima del tramonto morattiano, avrebbe forse meritato un diverso approccio al professionismo come allenatore capo. Di lui ricorderò sempre un Donkor pre-adolescenziale gettato nella mischia a Kazan che fece sembrare Rondon un misto fra Pelè, Hulk e Gerd Muller. La sua lite in diretta con Gene Gnocchi con lui a fare la parte del Fantozzi deriso, e la triste difesa di Mondonico. Traghettatore ideale fra l’era delle 10 presenze ininterrotte in CL e quella dei festeggiamenti per un quarto posto e la fine del Settlement Agreement.

 

Direttore – Piero Ausilio

Come accennato dal titolo, questo è il suo incontrastato decennio. Per lui è stato (gentilmente) cacciato Oriali prima e Branca poi. Maestro dell’inseguimento lungo e dell’acquisto ritardato, ha plasmato rose con la calcolatrice e al contempo sistemato bilanci coi piedi, introducendo formule di pagamento innovative come il prestito-con-obbligo e poi rivendita subitanea allo Stoke City, il prestito-oneroso-con-diritto-di-riscatto, con sbarramento a destra e scappellamento a sinistra per rimanere nei paletti del FFP. Con Luca Cilli ha oramai una liason gastronomica, con cui ha potuto da un lato assaporare tutte le delizie culinarie nel milanese spacciandole per cene fra amici con procuratori di ogni specie, dall’altro ricavarne un ritorno pubblicitario per sé e le suddette imprese della ristorazione milanese. Fra gli scalpi illustri, notabili quelli di Fassone e Sabatini, quest’ultimo deposto dal suo piedistallo di messia del mercato e della plusvalenza a derelitto fumatore incallito dalle velleità di grandezza arrogantemente sopite. Inizia un nuovo decennio sempre in sella, con un unico obbiettivo: spuntare ancora un rinnovo di contratto.

 

Presidente – Erick Thohir

Di tutto quello che si può dire di questo effimero presidente (salvatore-del-bilancio, scaltro pirata della finanza, filantropo ingenuo), probabilmente la più vera è: menagramo. Segue (?) la maggior parte delle partite (e crediamo delle riunioni aziendali) in panciolle da casa sua con Skype e un comodo +9 di fuso orario (ottimale soprattutto per i posticipi serali contro Empoli e Palermo). Vorrebbe essere un Berlusconi d’oriente, a mala pena riesce a evitare di far la fine di Giussy Farina quando mette in mano le sorti dell’Inter a “volpe” Fassone, capace di spendere zero in una sessione di mercato ma con un centinaio di milioni (esagero!! ndr) di riscatti promessi l’anno successivo e pagabili solo con in ingresso – sa va sans dir mancato – in CL. Le poche apparizioni a San Siro sono quasi sempre pareggi o sconfitte. E l’inizio di periodi di magra per la precaria compagine interista. Come tanti interisti, ricorda Ventola per via della moglie, finendo per confondere l’Inter dei tedeschi col Milan degli Olandesi. Finisce senza gloria, vendendo ai Cinesi, loro sì maestri del copia e incolla.

 

Menzioni speciali: Nemanja Vidić, Wallace, Yuto Nagatomo, Mauro Zarate, Angelo Palombo, Rubén Botta, (la metà non giocante di-) Kucka, Lucas Podolski, Gabriel Barbosa, Ishak Belfodil, Caner Erkin, Frenk DiBurro, Giampiero Gasperini, Walter Mazzarri.