La sconfitta in una partita giocata domenica alle 12:30 dopo impegno teso dentro/fuori in Champions League sul campo zuppo e irregolare di una rivale storica al top della forma non era manco quotata.

Potremmo discutere di come è maturata e analizzare le varie fasi del match (primo tempo orribile salvati dal VAR, secondo tempo appena meglio ma totalmente imbelli senza tirare mai in porta, puniti all’ennesimo contropiede concesso regalando il pallone a metà campo e senza alcuna reazione degna di nota post goal subito), ma la verità è che l’immagine statistica di insieme non lascia scampo al giudizio sull’Inter di Inzaghi, Suning, Ausilio e Marotta: siamo una squadra che può combattere (e probabilmente perdere) per il quarto posto, che in una competizione lunga 38 partite mostra il suo valore medio piuttosto scarso e che in partite secche può sperare di portare a casa qualche risultato imprevisto grazie a un mix di karma, casualità e motivazioni (sempre esterne ai giocatori e allo staff ovviamente, ma tutte date dal palcoscenico). Non c’è progetto, non c’è guizzo, non c’è idea, non c’è prospettiva se non questa navigazione a vista sperando in qualche strale fortunato. Il che in sé è piuttosto misero.

Ha ragione chi dice che Scemone è sempre quello che ha perso due volte la qualificazione all’ultima giornata con Luciano, chi ritiene che bisognerebbe ricordargli ogni volta che apre bocca le 7 sconfitte su 24 partite e il ruolino fuori casa da retrocessione, o chi nota che tra i tre perdent-oni a capo delle compagini in competizione per succedere al dominio gobbo l’unico che alla fine non porterà a casa lo scudetto è proprio lui, il puaret di casa nostra.

E non penso neanche che sia solo questione di gente troppo spremuta per alternative mancanti fisicamente e tatticamente (sicuramente è vero per Mkhitarian e per Dzeko) o troppo incapace di stare sul pezzo sempre come richiederebbe l’essere un giocatore da top team. Penso sia una questione proprio di alchimia generale della squadra che necessita sempre di un condottiero rompicoglioni per superare i propri limiti, simbolo di una mediocrità gregaria francamente imbarazzante per i soldi che guadagnano (che però non ti forgiano il carattere, semmai il contrario).

Unica nota positiva: le parole di Lautaro a fine gara, parole da capitano vero e da uomo vero, e sono contento finalmente di sentirle (il carro che ho costruito e disfatto molte volte le merita 🙂 Sempre e solo, Forza Inter!