I tifosi di lungo corso in una partita di lunedì sera, dopo aver vinto molto bene un derby valso un trofeo, con una squadra piccola e che non dovrebbe costituire un problema per chi ambisce a determinati palcoscenici, sapevano benissimo che sarebbe stata una riedizione in brutto del match inverecondo con il Verona. I nostri prodi in assenza di un contesto che li metta sotto pressione e li motivi sono incapaci di sviluppare una qualsiasi forma di determinazione e cazzimma. Ma non lo scopriamo oggi, e infatti non siamo stupiti del risultato, ma come matura e le scene che ci offre sono comunque istruttive: aiutano i più giovani a capire meglio gli antieroi nerazzurri e i più anziani a ricordarsi in che cazzo di situazione ci troviamo. E in generale forse finalmente mette l’ambiente di fronte al fatto compiuto di quello che siamo.

Il fautore e responsabile primo e ultimo di questa sconfitta in casa contro una squadra oggettivamente modesta ha un nome e un cognome: Scemone Inzaghi. Insiste sugli stessi undici anzianotti spremendoli fino alla morte (in parte per assenza di alternative in parte perché le poche alternative che ci sono le vede solo quando gli fa comodo, come avrò modo di scrivere tra poco), salvo aggiungere solo il suo fido scudiero Scorrea che non ne fa una giusta manco stavolta. Giochiamo infatti in 10 tutta la partita, tranne gli ultimi 10 minuti del primo tempo in cui giochiamo in 9 (contando lo scemo della pampa e il partente Skriniar con la testa più di là che di qua). Una combo letale che rende il primo tempo una vera e propria tortura per chi ha visto ben altre formazioni nerazzurre calcare il prato di San Siro.

A fronte dell’espulsione, in 10 uomini ma in casa davanti a 65 mila persone e contro l’Empoli (che manco si sa perché gioca in serie A), un uomo qualsiasi – manco un allenatore – avrebbe giocato con 2 punte per cercare di vincerla, magari rinunciando a un difensore. Scemone no. Lui no. Lui decide di difendere a denti stretti lo 0-0 e di farlo buttando nella mischia un ragazzino che non gioca mai quando siamo in controllo della partita ma deve caricarsi sulla schiena il peso di un San Siro gonfio di rabbia e aspettative. Scemone cuor di leone proprio, pronto a dare in pasto alla folla assetata di sangue un pischello che non sarebbe manco da noi se non avessimo dovuto pagare una tangente a Busardò per un affare manco andato in porto: che schifo.

C’è da dire che non ne azzecca una, ma anche che il gol non è certo colpa sua (magari più di Onana che non è in serata splendida e ricorda vagamente Handanovic in alcuni atteggiamenti tipo quando ci impiega un quarto d’ora a tuffarsi per parare il tiro che poi gli passerà sotto l’ascella quando poteva stopparlo di suola). Ma proprio intorno al momento del gol assistiamo a una delle scene più indecorose e umilianti che un allenatore abbia esibito in panchina a San Siro: poco prima del gol Scemone decide un doppio cambio difensivo, sempre con l’idea di difendere un prezioso pareggio (ripeto, con l’Empoli, in casa), battezza Acerbi e Gosens che entreranno ruolo su ruolo; poi prendiamo gol, allora fa alzare anche Dzeko capendo finalmente che forse se sei in 10 il lancio lungo sul bosniaco non è un’idea del cazzo, sicuramente meglio che giocare a 5 dietro; poi fa risedere Acerbi, poi lo fa rialzare, poi risedere, in pieno stato confusionale (cosa che evita che il difensore lo mandi a cagare senza passare dal via). Alla fine chiede di alzarsi ad Asllani senza manco farlo scaldare e lo butta nella mischia: un altro che non gioca mai ma che deve caricarsi sulle spalle la furia di San Siro e ribaltare il match praticamente da solo, una mossa da coniglio degna giusto per il fatto che tale è l’animale dell’anno cinese appena iniziato.

Alla fine ci proviamo anche a dimostrazione del fatto che se i cambi offensivi fossero stati fatti al 45esimo non avremmo preso gol e magari l’avremmo pure vinta, ma abbiamo troppa gente che non si capisce cosa vuole fare da grande (o forse si capisce bene, ma io mi rifiuto di crederlo): Lukaku non entra stile Lakaka, ma comunque non tocca una palla e Gosens entra e sbaglia tutto lo sbagliabile, anche se i coraggiosissimi interisti del loggione preferiscono prendersela con Raoul Bellanova dimostrando di essere dei pusillanimi (intendiamoci, ha fatto cagare, ma il problema non è lui); Dzeko è l’unico a provarci ma da solo è piuttosto dura. Alla fine la prendiamo in saccoccia e ci resta solo l’incazzatura.

Il lato positivo è che forse ci renderemo conto che stiamo perdendo un treno che avrebbe potuto darci soddisfazioni con i gobbi fuori dai giochi per vari motivi, mentre toccherà accontentarsi dell’ennesima Coppa Quarti di Finale di CL e delle coppette che non interessando a nessuno diventano il vero tesoro di Scemone. Contento lui, scontenti noi.