Il derby del Cottolengo (scusate ma dopo una serata così il politically correct può andarsene affanculo) lo vince Fonseca (che rinsalda la sua panchina, unica buona notizia) bloccando i nostri braccetti con 4 attaccanti schierati in linea di cui due con compiti sostanzialmente da terzini avanzati. Inzaghi, ritornato ahimé in versione Scemone, non riesce mai a trovare una contromisura in 90 minuti e finisce per soccombere a se stesso.
Ovviamente non è l’unico colpevole, ma come si è preso i meriti dello scorso anno, adesso si pigli gli strali per questo inizio stagione non all’altezza delle ambizioni degli interisti: è giusto però distribuire le colpe e iniziare ad additare subito i fangoidi entrati in campo con la maglia nerazzurri, golem d’argilla che si stanno sciogliendo sotto il diluvio della propria presunzione. Sommer migliore in campo seguito a ruota da Dimarco dimostra che la situazione è grave oltre che seria. La squadra non ha solo la pancia piena, ma anche la testa vuota, e se si motiva solo nelle grandi serate di gala siamo tornati a 2-3 anni fa (e onestamente speravamo che gli ultimi anni avessero fatto crescere di più come calciatori e come uomini molti di quelli scesi in campo stasera). Se ci sbagliamo su di loro ce lo dimostrino nel rettangolo di gioco, che le parole stanno a zero.
Dopo 5 minuti siamo giustamente già sotto: centrocampo fatto subito a fette con quelli che inseguono Pulisic che reputano fare fallo al di sotto della propria statuaria dignità, una roba che di per se mi manda in bestia. Dopo il gol la reazione è nulla se non da parte di Dimarco (e in parte di Thuram e Calha) che infatti segna il pareggio grazie a un omaggio rossonero. Uno si aspetterebbe che la squadra si svegliasse ma non accade. Andiamo negli spogliatoi e al rientro uno si aspetterebbe che Scemone li abbia presi a calci in culo ritrasformandoli in uomini di pietra e non di terriccio, ma il tran tran di una serata senza niente da dire continua.
Poi sale in cattedra Scemone: cambia Dumfries (un po’ spento ma non più del solito) per Darmian buttando nel cesso un cambio inutile; cambia Frattesi per un disastroso Enrico Michele che non capisco che cazzo abbia a meno che non si finito l’elisir di Panoramix e sia tornato quello che avevo visto alla Roma e tanto preso per il culo, un cambio rischioso ma che potrebbe servire a spaccare la partita se non che Davide non ci capisce un cazzo dal suo primo al suo ultimo minuto; poi però arriva il suo capolavoro perché all’ultimo in preda a un raptus fa uscire Calha reo solo di essere ammonito per far entrare moviola Asllani. Non aver capito dopo 3 partite in cui accade che Asllani può giocare solo se gli altri due mediocampisti sono i titolari e che soprattutto NON è la riserva di Calha (ruolo in cui Barella vale 100 volte l’albanese) è molto grave, e significa solo essere in balia delle proprie fissazioni.
Mariani inventa un rigore per mano di Lautaro ma per fortuna il VAR lo toglie. Uno si aspetterebbe una reazione, una sveglia, qualcosa, ma tutto tace. Non tace lo stato confusionale di Scemone che fa uscire anche l’unico titolare in mezzo per fare entrare Zielinski e completare il centrocampo dell’orrore: infatti il Milan ci apre come una pesca matura, arrivando a tu per tu con Sommer almeno 4 volte (con nessun risultato utile grazie a Yann ma soprattutto grazie al livello degli attaccanti rossoneri che stasera ridono ma fanno cagare). A ogni occasione ti aspetteresti un guizzo, un cambiamento nell’atteggiamento, qualcosa, ma invece niente né in campo né in panchina. Oltretutto sia Dimarco che Bastoni sono morti ma hai un solo cambio (perché degli altri quattro ne hai sbagliati tre a essere generosi): com’è come non è scegli di tenere in campo Dimash che almeno ci crede e togliere Bastoni cottissimo.
E il dio del calcio (che non è Gabbia per capirci subito) ti punisce con un gol che nasce da una punizione a cui Dimarco è costretto dopo l’ennesimo errore di copertura dei centrocampisti, battuta sul palo dove di solito c’è Bastoni ora assente. Il Milan festeggia e l’Inter negli 8 minuti che restano ancora una volta non dimostra alcuna reazione palpabile. Sconfitta meritata, otto miseri punti in classifica e sesto posto a pari merito con la squadra che ti ha a appena battuto e che ti è inferiore in tutto, dietro ai tuoi contendenti gobbi e partenopei che pur avendo perso punti si ritrovano davanti a te (e dietro pure all’Empoli e all’Udinese, per dire). Complimenti.
Siamo vittima dei nostri stessi limiti: limiti mentali e caratteriali di giocatori e allenatore ancora incapaci di attivare alcuni interruttori in ogni partita e non solo quando conta o di adattarsi quando è necessario, limiti di maturità di chi va in campo che pensa di essere arrivato, limiti tecnici della rosa che non sono stati affrontati seriamente come l’assenza di un uomo con dribbling o l’equivoco Asllani, così come gli incipienti limiti anagrafici (Enrico Michele e Acerbi sono in coda alla parabola cosa pensiamo di fare?) e i presumibili limiti motivazionali dopo una stagione come la scorsa. Chi va in campo sta facendo cagare salvo quando il palcoscenico è troppo grande per ignorarlo; chi sta in panchina non mi pare avere in mano il manico e temo sia vittima della propria pancia piena prima che di quella dei giocatori. Ovviamente spero di sbagliarmi e che questo sfogo (che sicuramente molti altri avranno recapitato ai nostri eroi nerazzurri) serva come ulteriore schiaffone al loro hubris. Testa bassa e pedalare che dalle stelle alle stalle è un attimo, ed è un sentiero che si percorre molto più velocemente della strada contraria.