È vero che arriviamo a questa sfida scudetto con 120 minuti sulle gambe e che tutti a bocce ferme avremmo firmato con il sangue per un pareggio (mica le possiamo vincere tutte), ma è anche vero che per come si è sviluppata la partita constatare che i nostri 4 attaccanti non segnano manco con le mani fa girare le gonadi come un uragano categoria 5.

Noi giochiamo una partita intelligente con l’intenzione di sprecare meno energie possibili mentre quella merdaccia di topo gigio nonostante tutti i suoi proclami fa una partita uomo su uomo a tutto campo pregando di imbroccare il contropiede giusto. In casa. Quando vincendo ti porti sotto. La cosa dà tutta la misura dell’uomo che siede su quella panchina.

Il piano dell’Atalanta funziona abbastanza bene senonché appena salta una singola marcatura entriamo nella loro trincea come coltello nel burro: se oggi avessimo avuto anche solo UN attaccante normodotato l’avremmo portata a casa. “Ehi amigo” Sanchez spara angolato ma non abbastanza e fa fare bella figura a Musso, Dzeko se ne mangia 3 di testa da mezzo metro, Correa ha lo stop a minimo 2 metri di distanza (una roba da rispedirlo alle giovanili) e Lautaro è entrato in campo con la garra di un pulcino. Ci aggiungiamo i gol mancati da altri (uno su tutti D’Ambrosio al 90esimo) e capiamo che è già un miracolo (a onor del vero che ha anche un nome e un cognome, Samir Handanovic) non aver preso il fico sul contropiede ronaldesco di Muriel o sull’incursione di Pasalic (che essendo un coglione ha voluto provare a tirare in porta due volte anziché appoggiare a uno dei duecento atalantini presenti in area).

Alla fine mi rimane un po’ l’amaro in bocca, ma non mi rimangio la parola: il pareggio stasera è un risultato accettabile, non per come è maturato, ma per i valori complessivi del campionato. Intanto posso continuare a godere un altro po’ per il 120esimo minuto.