Dopo l’intervista concessa al blog “Quelli che l’Inter”  il noto volto di Mediaset Maurizio Pistocchi ha accettato di partecipare a una lunga chiacchierata anche con noi di Casa Inter.

Lo ringraziamo per la cortesia, per la disponibilità e per aver sopportato le nostre infinite domande sull’Inter e sul calcio in generale.

SECONDA PARTE

(Trascrizione a cura di JulianRoss, un ringraziamento particolare al gentile utente Cristiano73 senza il quale questa intervista non sarebbe stata possibile)

 

Ripartiamo dal Financial Fair Play. Al momento dell’introduzione di questo nuovo strumento Milan e Inter erano ancora società deboli, legate all’idea del magnate che spende e ripiana. Pensa che ora le cose siano cambiate in meglio per entrambe?

Per quel che riguarda l’Inter, sicuramente i nerazzurri sono in mano a un gruppo molto solido, molto conosciuto anche in Cina. Mi hanno dato l’impressione fin dall’inizio di essere persone molto serie, che stanno lavorando nel modo giusto e che hanno creato lo staff giusto.

Per quanto riguarda il Milan c’è ancora molto mistero e molta perplessità, però è chiaro che quando tu fai una serie di investimenti di questo tipo hai un progetto orientato nel tempo anche se questo progetto evidentemente dipenderà moltissimo dai risultati e quindi dal lavoro di Montella e dei giocatori. Se il Milan riuscirà ad approdare alla Champions avrà adempiuto in pieno a quello che è il suo obiettivo economico-finanziario e potrà risolvere abbastanza brillantemente nel giro di due o tre anni la sua situazione. Se invece non dovesse approdare alla Champions, e non sarà facile perché in questo momento già Juventus, Napoli e Roma sono superiori, potrebbero aprirsi degli interrogativi piuttosto scottanti. Però, in questo momento, anche il progetto del Milan, pur essendo orientato più di quello dell’Inter sui risultati, mi sembra corretto.

Possiamo solo sperare in un miglioramento, perché Milan e Inter sono due grandi storiche del calcio italiano ed europeo e quindi il fatto che siano in alto e che abbiano la disponibilità per poter operare a livello internazionale è un presupposto fondamentale per il bene di tutto il calcio italiano.

Il mercato cinese, da dove sono arrivati i nuovi proprietari delle milanesi, è un mercato importantissimo anche perché Inter e Milan sono le uniche società italiane che sono molto conosciute in Cina e quindi sono le uniche che hanno la possibilità di attrarre investimenti e fare business nel ricchissimo mercato cinese.

Quindi non bisogna dare troppo peso agli ultimi spifferi secondo i quali il governo cinese non vede più tanto di buon occhio gli investimenti del calcio fuori dai confini nazionali?

Queste notizie devono essere sempre prese con beneficio di inventario. Addirittura c’era chi diceva che c’erano delle società, tra cui Suning, che non avevano pagato gli stipendi e la cosa era stata immediatamente smentita dalla società stessa. In Cina c’è un governo molto attento, molto attivo e che interviene in maniera molto decisa quando ci sono situazioni che a suo modo di vedere presentano delle criticità quindi bisogna sempre stare molto attenti a quello che esce dal governo cinese, osservare attentamente le cose che vengono dette e scritte anche se non sempre quello che viene detto e scritto in Italia è quello che è nelle intenzioni del governo. Hanno tutto l’interesse a sviluppare il movimento calcistico ma lo vogliono fare secondo delle precise regole senza che ci sia l’investimento di capitali in maniera “avventurosa”.

Generated by IJG JPEG Library

E’ il momento di parlare del giornalismo in Italia. A noi sembra che sui giornali e in tv ci sia una standardizzazione di contenuti preoccupante, trasmissioni tutte uguali, con lo stesso format. I giornali sono sempre più privi di contenuti, non riescono a proporre nulla di nuovo.

Ho potuto lavorare per 31 anni in Mediaset in un ambiente ideale in cui ho sempre avuto grandi direttori; si è sempre cercato di creare un prodotto che unisse insieme brillantezza e competenza. Sono stato autore dell’ ”Appello del Martedì”, nel 1991-‘92, ho creato dei programmi come gli speciali dopo-coppa, “Goals” che è stato un settimanale di calcio inglese molto seguito, programmi sul calcio internazionale; oggi sono autore di un programma chiamato “La moviola è uguale per tutti” che va in onda dal 2010 ed è sempre stato un programma molto seguito su Mediaset Premium e che è nato nella mia testa come un’idea di approfondimento dal punto di vista arbitrale.

Oggi – hai ragione – c’è molta standardizzazione anche perché le pay-tv hanno un problema: gli abbonati. Le pay-tv vengono in qualche modo condizionate, nel prodotto che fanno, dai desiderata di un certo tipo di abbonato. Io credo che questo sia giusto fino a un certo punto perché, come ho detto all’inizio parlando di giornalismo, secondo me il giornalista professionista deve trasmettere qualcosa di diverso a chi sta a casa altrimenti quello che tu evidenziavi, e cioè la standardizzazione dei contenuti, fa sì che non ci siano più trasmissioni o reti che si distinguono ma un magma indistinguibile che accomuna tutti: Sky, Mediaset Premium, Corriere dello Sport, Tuttosport, Gazzetta sembrano quasi fare la stessa minestra per tutti mentre io credo che ci siano spettatori e lettori che vogliono un prodotto diversificato.

Soprattutto credo che non si possa essere condizionati più di tanto dall’atteggiamento del pubblico altrimenti non ha senso avere giornalisti che vengono valutati competenti e preparati; il pubblico ha il diritto di criticare o non apprezzare, ma il giornalista dovrebbe avere come obiettivo il far crescere la cultura sportiva del pubblico, a volte anche a costo di essere impopolare. Se tu dici una cosa in un momento in cui sembra clamorosamente sbagliata non è detto che poi non si verifichi esattamente quello che avevi detto. E’ successo a me con Pioli, come dicevamo prima, ma anche in altre occasioni: per esempio già il 21 settembre 2016 – basta cercarlo su internet – io scrissi che la Juventus doveva abbandonare il 3-5-2 e passare al 4-2-3-1 che esaltava la qualità dei giocatori; Allegri l’ha fatto 4 mesi dopo, a fine gennaio, e ha svoltato la stagione.

Cioè, se il giornalista non ha le palle per essere in certi momenti contro l’opinione corrente non fa bene il suo lavoro; se il giornalista pensa che sia corretto fare informazione cazzeggiando, cercando sempre la battuta o il doppio senso secondo me non fa il suo lavoro correttamente. Ho avuto la fortuna di lavorare 9 anni con Raimondo Vianello e la battuta ha un tempo comico e se la fai in un momento sbagliato non solo non fa ridere ma diventa penosa. Quindi io apprezzo il giornalismo colto ma anche divertente e le due cose non possono prescindere l’una dall’altra: non ci può essere il giornalismo divertente senza cultura e senza competenza perché altrimenti diventa inutile cazzeggio.

Sembra però che si vada in un’altra direzione…

…vedremo i risultati! Intanto quello che si vede, siccome per motivi mercantili sia i giornali sia le tv si rivolgono alle tifoserie più numerose, è che i giornali vendono sempre meno e le pay-tv non fanno abbonamenti. Allora mi viene il dubbio che l’idea di fondo sia sbagliata; forse bisognerebbe fare giornali e canali televisivi che siano omnicomprensivi delle esigenze di tutti e che affrontino le tematiche senza paura, senza avere un terrore sacro se si deve parlare di questa o quella squadra. Bisogna avere il coraggio di far vedere alla gente che il trattamento è uguale per tutti perché quello che per me dà fastidio allo spettatore è accorgersi di un trattamento diverso a seconda della squadra di cui si parla.

E’ una cosa di cui parliamo spesso tra tifosi interisti; l’Inter non ha un organo di stampa come può essere Tuttosport per la Juventus o il Corriere dello Sport per le romane. Ma l’opinione della maggioranza dei tifosi nerazzurri è che non c’è bisogno di un giornale così: filtrare le notizie in modo che l’Inter venga solo e sempre messa in buona luce è un tipo di informazione che non ci interessa.

Molti interisti però pensano che il trattamento dei media nel commentare le vicende nerazzurre sia sempre parziale e a sfavore; e a qualcuno viene spontaneo pensare che, essendo il calcio diventato ormai da tempo un affare milionario, chi ne abbia la possibilità possa intraprendere delle azioni extra-campo attraverso i media, azioni che tendano ad influenzare in un modo o nell’altro quel che poi accadrà in campo. Siamo troppo malpensanti?

Innanzitutto è abbastanza chiaro come il sistema calcio sia un sistema commerciale e quindi chi fa vendere più giornali, chi fa vendere più abbonamenti è quello che fa la voce più grossa e la fa sia a livello di Federazione sia a livello di media. Devo dire che nei miei 30 anni di lavoro, nonostante il Milan fosse proprietà di Fininvest, non è mai successo che ci sia stato qualcuno che mi abbia chiesto di intervenire in modo non corretto nei confronti del Milan. Forse perché sapevano bene con chi avevano a che fare… nel senso che io non lo avrei fatto. Non so se altri giornalisti e altri moviolisti avrebbero fatto la moviola che ho fatto io dopo Juventus-Inter del 1998. Credo proprio di no ed è un motivo puramente commerciale.

D’altronde se vedi che c’è una tifoseria che fa una petizione contro di me per farmi licenziare da Mediaset e questa cosa va avanti quasi nell’anonimato generale, capisci che alla fine è più comodo stare zitti o far finta di non aver visto che fare i giornalisti. Io non faccio mai finta di non aver visto, se c’è qualcosa da dire lo dico: ci sono delle domande che faccio giornalmente su twitter alle quali nessuno mi risponde (ride, ndr). Ma sono domande che tutti quelli che fanno questo mestiere si dovrebbero fare; io per esempio mi meraviglio che lo sponsor degli arbitri sia Eurovita S.p.a. che era di proprietà di un fondo di investimento americano e che adesso è diventato un altro fondo di investimento. Mi meraviglio che non si sa chi siano gli investitori e i soci. Se dietro al fondo di investimento che sponsorizza gli arbitri ci fossero 3 o 4 presidenti di società di calcio italiane sarebbe normale, sarebbe giusto? Secondo me no.

Passiamo a qualcosa di più piacevole. Lei prima ha nominato Raimondo Vianello e allora ne approfittiamo per chiedere un ricordo o qualche aneddoto su di lui e su Maurizio Mosca, due figure che tutti i tifosi di calcio ricordano molto volentieri.

Io con Maurizio ho lavorato all’ “Appello del Martedì”, una trasmissione che in quegli anni ha avuto un grandissimo successo, e ci siamo divertiti come pazzi. Maurizio era una persona molto divertente e aveva la capacità di capire al volo le esigenze del pubblico: veniva in ufficio e mi diceva: “Il tassista mi ha detto questo” , “Al bar mi hanno detto quest’altro”. Lui ascoltava gli umori popolari e su quelli amava costruire le trasmissioni. Con Maurizio ci siamo frequentati anche fuori dall’ambito lavorativo: era un gruppo di lavoro molto solido e avevamo un grande Direttore, Ettore Rognoni, che ha inventato lo sport a Mediaset e tutti i programmi principali come “Mai Dire Gol”, “L’Appello del Martedì”, “Pressing”, “Guida al campionato”. Con lui, Sandro Piccinini, Maurizio Mosca e gli altri c’era grande condivisione anche fuori dal mondo lavorativo. La cosa divertente di Maurizio è che era sempre a dieta ma mangiava comunque tantissimo e quindi quando veniva a cena a casa mia – mia moglie è un’ottima cuoca – partiva dicendo che non avrebbe mangiato niente e poi dopo mangiava due piatti di tagliatelle.

Raimondo Vianello era non solo un signore ma una persona molto intelligente e divertente e ci ho lavorato straordinariamente bene per 9 anni; non mi ha chiesto una volta che cosa avessi preparato per la moviola e c’era grande stima tra di noi. Quando lasciò la conduzione di Pressing a Sandro Piccinini nel giugno 1999, i dirigenti di Mediaset organizzarono una festa a sorpresa con tutti i giornalisti che avevano lavorato con lui; dopo un po’ mi chiamò da parte Sandra Mondaini e mi ringraziò dicendo che di tutti quelli con cui aveva lavorato suo marito io ero quello verso cui aveva provato più affetto e mi regalò, unico tra tutti, un oggetto in oro che io conservo con grande cura e affetto perché Raimondo è stato una persona speciale.

Ultima domanda: programmi per il futuro? Pensa di tornare con un ruolo attivo nel calcio attuale, magari come talent scout?

Io sono dipendente di Mediaset a tempo indeterminato. Ho una carriera di 31 anni alle spalle ma ovviamente l’editore può anche decidere che io non vado più bene per fare certe cose. Però allo stesso tempo io devo conservare le attitudini e quello che ho fatto negli ultimi anni: aspetto di tornare al lavoro per capire cosa mi prospetteranno. Se mi consentiranno di lavorare come ho sempre fatto sarò felice di finire la mia carriera lavorativa a Mediaset. Ma se questo non dovesse succedere, capiremo cosa fare e dove farlo.

Non ci dica che dovremo accontentarci di leggerla solo su Twitter!

Guarda, è già capitato in passato che abbiano cercato di chiudermi la bocca e, se oggi ci fosse solo la televisione, probabilmente ce l’avrebbero anche fatta. Ma non c’è solo la televisione, ci sono i social network, ho 50mila follower su twitter e ho sicuramente modo di dire quello che penso, sebbene il limite dei 140 caratteri non permetta delle analisi complete; ma è anche stimolante condensare in così poco spazio opinioni e giudizi.

Bene, abbiamo chiuso il cerchio ritornando all’argomento iniziale. E’ stata una lunga chiacchierata, per noi interessantissima e spero che anche lei abbia apprezzato.

Certamente, avete selezionato delle domande molto interessanti… Voglio chiudere con un augurio per il calcio italiano e cioè che le tifoserie non si accontentino più del risultato ma vogliano arrivare al risultato attraverso il gioco e lo spettacolo. Gli ultimi 20 anni di Champions, penso al Barcellona e al Real Madrid, dimostrano che quella è la strada giusta. Quando si sente dire dai tifosi che non gliene importa niente dello spettacolo e che conta solo la vittoria bisognerebbe sforzarsi di capire che tutti vogliono vincere ma la cosa importante è come si vince: la strada giusta è vincere e convincere.

L’Inter di Mourinho è stata una squadra formidabile e ha vinto tutto, però non è durata nel tempo. Invece l’obiettivo di una grande squadra dev’essere quello di mettere un marchio sul calcio. Quando si nominano le più grandi squadre della storia del calcio si parla del Real Madrid di Puskas e Gento, dell’Ajax di Cruijff, del Milan di Sacchi, del Barcellona di Guardiola: l’obiettivo dev’essere quello, entrare nella storia.

Lei ci ha dato l’impressione di uno che parlerebbe di calcio per ore …

Beh, il calcio è la mia vita: ho cominciato da piccolissimo ad andare allo stadio e ho fatto il mio lavoro con molta passione. Qualunque cosa mi succeda adesso sono andato molto più in là di quelle che erano le mie aspettative da giovane.

Ringraziamo ancora Maurizio Pistocchi. Tutta la redazione di CasaInter non può che fargli un grosso “in bocca al lupo”.