Disclaimer: se fate parte di quei tifosi che pensano che non vi sia assolutamente nulla di irregolare sui campi di calcio e che alcuni interisti abbiano una sindrome da vittimismo incurabile, cliccate sulla X in alto a destra, chiudete la pagina e veniteci a trovare un’altra volta.

Se invece avete dei dubbi su quello che vediamo da qualche tempo a questa parte, relativamente a decisioni arbitrali, commenti stampa e TV su arbitri e regolamento, formazioni schierate con 5 riserve giocando contro la prima in classifica, beh, allora forse questo pezzo, che non è altro che un ragionamento “ad alta voce”, potrebbe pure interessarvi. Forse.

Scrivo nei giorni seguenti ad un rigore concesso a favore dell’Inter, in modo da sgombrare il campo da eventuali illazioni sull’argomentare in scia ad un episodio specifico. No, quest’avvelenata cerca di cogliere uno scenario più ampio, non limitato al particolare evento singolo molto più semplice da spiegare ed eventualmente confutare. Come dicono negli States, a me interessa la “big picture”, perché è quella che conta.

Guglielmo di Occam

William Ockham, o Guglielmo di Occam, è stato un teologo, filosofo e religioso francescano vissuto a cavallo del 1300 ed è conosciuto ai più per il suo “rasoio”, oltre per avere chiaramente ispirato Umberto Eco nel tratteggiare la figura di frate Guglielmo da Baskerville ne “Il nome della rosa”. I tre principi dell’economia del pensiero del frate inglese, che possono essere considerati come la prima base del pensiero scientifico moderno si possono riassumere, che Bertrand Russell abbia pietà di me, nel modo seguente:

Non aggiungere elementi quando non serve”, “Non supporre pluralità quando non serve”, “È inutile fare con più quanto si può fare con meno

Semplificando ancora di più, e qui oltre a Bertrand Russell anche il mio professore di filosofia s’incazzerebbe molto, si può dire che quando non abbiamo altri dati che quelli davanti ai nostri occhi, la spiegazione più probabile è la più semplice: in poche parole, se guardate fuori dalla finestra e vedete dell’acqua scendere dall’alto, la spiegazione più probabile è che piova, non che qualcuno stia versando dal tetto dell’acqua con un annaffiatoio, anche se non potete escluderlo al 100%. Tenete a mente questi assunti, serviranno in seguito.

Quando una cosa statisticamente accade sempre, o non accade mai, non è più statistica

Questo è il mio contributo al pensiero occidentale: senz’altro non il massimo dell’originalità, ma l’enunciato, messo in questo modo, ha una sua immediatezza. Possiamo fare moltissimi esempi, ma vorrei rimanere all’attualità e ne prendo uno relativo a Juve-Inter, raccomandando i miei venticinque lettori di manzoniana memoria di non rimanere ancorati all’episodio preso ad esempio. Il discorso non verte su quella partita: è solo uno dei tanti esempi che potevo fare, e per giunta non necessariamente legati all’Inter. Però gli episodi di quella gara sono freschi e nella memoria di tutti ed è quindi più facile farne un campione; ma tutto il discorso va concepito ben al di là della singola partita dello Stadium. (E sì, vorrei tanto che i lettori fossero venticinque milioni, avete pensato bene).

Esaminiamo quindi il fallo, o presunto tale, di Mandzukic su Icardi in area di rigore bianconera durante l’ultimo Juventus-Inter. A velocità normale e senza replay, da un metro scarso di distanza, l’addizionale di porta non ha visto che il croato ha prima colpito Icardi e solo dopo ha preso la palla. Dico la mia: è uno di quegli episodi dove ogni decisione presa potrebbe avere la sua giustificazione, perché non è assolutamente facile capirne la dinamica. Aggiungiamo poi che quello che abbiamo capito in questi anni di arbitri addizionali è che hanno tutti disturbi pesantissimi alla vista ed alla voce, perché non si prendono mai la responsabilità di dire all’arbitro alcunché (vedi gli episodi clamorosi accaduti nella semifinale di coppa Italia tra Juventus e Napoli). Quindi, ogni decisione sull’episodio in questione sarebbe stata, a mio parere, parzialmente giustificata.

Ma torniamo all’incertezza dell’episodio, perché è proprio questo il punto e non il rigore dato o non dato in un caso che, come abbiamo visto, non era semplice da inquadrare: ma quando si tratta di accadimenti sul campo di gioco della Continassa e con la Juve di mezzo in generale, i casi e le decisioni sembrano andare sempre nella stessa direzione. Mai un errore che possa mettere in difficoltà una squadra fortissima e che vince da anni con merito.

Rimaniamo sull’esempio, e immaginiamo che l’arbitro avesse fischiato il rigore e l’Inter fosse passata in vantaggio trasformandolo in gol (tra l’altro, le immagini sembrano chiarire che l’arbitro avrebbe avuto ragione a fischiarlo, ma, ripeto, è assolutamente irrilevante per il discorso in essere): gli juventini avrebbero avuto ragione di recriminare, oltre alla chiamata su un episodio non chiarissimo, il fatto che fino a quel momento non avrebbero meritato di andare in svantaggio tra gioco espresso e traverse colpite. Ma è questa l’essenza del calcio, no? Ribaltare il pronostico anche non meritandolo. Altrimenti non giocheremmo mai Juventus-Crotone, e passeremmo direttamente alla partita successiva.

Usciamo dall’esempio del fallo e parliamo di errori o valutazioni contro rimanendo nella gara di Torino per pura comodità espositiva: l’entrata di Chiellini su Gagliardini, sanzionata con un giallo, è il classico episodio da “cartellino arancione”. Ma lì, in quello stadio e a quella squadra, questi episodi non girano mai nel cartellino rosso, forse anche un filo esagerato, come capita a tutti ogni tanto. Ricordate: nel momento in cui parliamo di errori, la casualità statistica ci dice che su un numero abbastanza grande di eventi dovremmo vederne un certo numero a favore e un altro a sfavore, idealmente il 50%, ma trattandosi di episodi non omogenei possiamo dire anche il 60% o il 40%. Quanti cartellini rossi diretti si sono beccati gli juventini negli ultimi 5 anni nelle competizioni nazionali? Quanti esagerati o sbagliati? Quanti ne han presi gli altri nello stesso lasso di tempo? Quanti rigori contro dubbi o addirittura inesistenti hanno avuto in momenti critici della gara? E quanti i loro avversari?

Cercate pure sul web le statistiche del rapporto falli fatti/cartellini ricevuti delle ultime 5 stagioni. È impossibile non vedere la differenza abissale di trattamento riservata ai bianconeri e ai loro avversari. Come è impossibile, ritornando ai nerazzurri, non vedere che l’argomento rigori, quando c’è l’Inter di mezzo suscita un’idiosincrasia inspiegabile nella classe arbitrale. Perché se due squadre, e usciamo fuori dal seminato bianconero, negli ultimi 10 campionati hanno un andamento di posizione finale di classifica molto simile e una si vede assegnare 30 rigori in più (una media di tre a stagione) non c’è alcuna spiegazione calcistica che tenga, né statistica. Come non c’è alcuna spiegazione statistica delle lunghissime serie di partite senza rigori a favore che colpisce l’Inter ad annate regolari. Rimane da stabilire il perché, visto che, come detto all’inizio, se una cosa non accade mai o accade sempre, non è casualità statistica.

Ecco, io crederò alla buona fede degli arbitri quando capiterà statisticamente più spesso di oggi (e non ci vuole molto, visto che non capita mai) che un episodio del tipo Mandzukic-Icardi sarà sanzionato con un rigore, senza pensarci due volte, e tanto più se dubbio all’osservatore esterno, come cento altre volte l’abbiamo visto fischiare a favore dei bianconeri, e come dovrebbe essere in un ambiente imperfetto ma normale come quello delle decisioni arbitrali prese in pochi decimi di secondo con uno strumento altamente imperfetto: l’occhio umano. Ci crederò quando Chiellini si beccherà il rosso diretto in un episodio da “arancione”, quando la Juve più forte di tutti si troverà il granello di sabbia che rischia di far inceppare l’ingranaggio, tipo un rigore contro dubbio o inesistente in casa mentre gioca con la Sampdoria (ammesso che Giampaolo non si scansi preventivamente) mentre mancano trenta minuti alla fine ed il risultato è ancora 0-0, o contro qualsiasi altra squadra di mezza classifica, o quando rimarranno in 10 o addirittura in nove in casa “a termini di regolamento”. Tutto questo, non perché voglia vedere applicata chissà quale “giustizia” o contrappasso alla Juve che, purtroppo per noi, è decisamente e comunque la squadra più forte: al contrario, sarebbe la prova migliore che tutto accade per la scarsa capacità degli arbitri. A chi tocca tocca, tanto per rimanere dalle parti del Manzoni.

Perché queste cose all’Inter pluriscudettata e padrona del campionato accadevano, eccome se accadevano. E tutti si congratulavano con gli arbitri per l’imparzialità, esaltando il fatto di poter avere un campionato senza favoritismi (mentre ad ogni episodio dubbio pro-Inter titolavano a nove colonne su pasticci Inter, e scudetti da ridere, ma sulla stampa sportiva torneremo più tardi). È evidente che nel tempo trascorso dal dominio nerazzurro a quello bianconero qualcosa è cambiato. Che cosa sia, è abbastanza ovvio.

I perché dell’anti-complottista

Perché? Perché mai gli arbitri dovrebbero falsare un campionato? Dove sono le prove? Queste sono le domande standard, e assolutamente legittime, che gli anti-complottisti (molti anche interisti, ci mancherebbe) pongono a chi pensa che ci sia qualcosa che non vada come dovrebbe andare.

Le prove non le ho, altrimenti sarei già andato a denunciare la cosa nelle sedi opportune. Questa frase, tra l’altro, mi fa ripiombare indietro nel tempo: una ventina d’anni fa nel bar che frequentavo, mentre oggi sui social ogni commento pubblico scatena la maleducazione, l’aggressività frustrata e l’analfabetismo di ritorno di migliaia di tifosi, capitava che gli amici non interisti ti prendessero per il culo insieme ai 6 o 7 conoscenti avventori abituali, che ti sghignazzavano in faccia ogni lunedì chiedendoti le prove e facendoti passare da vittimista “piangina” e visionario, e tu a un certo punto avevi anche il dubbio che forse non avessero tutti i torti. Poi quando qualcuno le prove le ha portate davvero hanno passato gli anni seguenti a dire che non erano valide o che erano frutto di una montatura colossale. Ma è acqua passata, andiamo a vedere questa benedetta “big picture”.

L’ambiente Italia

Lungi da me accusare l’Italia e gli italiani di una generalizzata e comune tara morale per la quale la corruzione sia parte integrante della cultura della penisola e insiti nel DNA del nostro popolo: è un fatto però che questo malcostume sia all’ordine del giorno. Appalti, tangenti, favori, raccomandazioni illegali: se chiunque di voi ricevesse il compito di elencare le notizie relative alla cronaca giudiziaria degli ultimi, diciamo, dodici mesi, dovrebbe prendersi quindici giorni di vacanza per avere tempo a sufficienza. Da Lampedusa al Brennero non c’è provincia o regione che non abbia la sua bella indagine o processo per un episodio relativo a corruzione, negli ambiti più diversi. E allora, purtroppo, non è da visionari né da complottisti immaginare che questa debolezza possa colpire anche il mondo del calcio. Qual è esattamente il processo logico per il quale si bercia ogni giorno riguardo alle ruberie di politici, amministratori pubblici, alla propensione alle mazzette da parte degli imprenditori elargitori, agli evasori fiscali grandi e piccoli, agli assenteisti, e poi, improvvisamente ci si erge a vestali derisorie di chi sospetta, o immagina, che anche nel calcio ci possa essere qualcosa di poco chiaro?

Tralascio l’ovvietà assoluta, vale a dire la constatazione che è già capitato e non è successo cent’anni fa, ma in tempi relativamente recenti: vicende di calcio-scommesse che ormai più o meno ogni anno ci fanno compagnia da maggio a settembre, e naturalmente ciò che è accaduto sotto la dittatura moggiana del calcio dalla metà degli anni ’90 fino a quando è stato fermato dall’indagine della procura di Napoli, e ancora se ne parla e si litiga in proposito. Calciopoli non me la sono inventata io, né i complottisti in genere: c’è già stato chi ha trovato il modo di influenzare i risultati condizionando i direttori di gara, questo è un fatto, ed è un precedente grave.

In poche parole, perché mai dovrei pensare che l’Italia è genericamente affetta da un’odiosissima piaga in quasi tutti i campi della vita sociale, ma solo e soltanto nel calcio ci trasformiamo in una sintesi alta del meglio delle società scandinave in fatto di moralità pubblica? Quante probabilità ci sono che noi si sia come la Svezia, ma solo nel calcio, e in nessun’altro ambito? Tornate all’inizio dell’articolo, e chiedete a Guglielmo che ne pensa in proposito. Vi risponderebbe di “non supporre pluralità quando non serve”.

Gli interessi in gioco

Quanto vale una qualificazione ai gironi di Champions League? Secondo “Calcio & Finanza”, cercando di fare una stima media, siamo intorno ai 20 milioni di euro, ma la cifra è approssimata per difetto in caso di qualificazione alla fase ad eliminazione diretta. Per quanto detto sopra, non mi sembra assolutamente da visionari pensare che ci possa essere una serie di poteri calcistici egemoni (sportivi, economici e politici, in Lega Calcio e fuori da essa) che sia pronta ad esercitare pressioni e condizionamenti sugli arbitri italiani, sui loro metri di giudizio e sui mass-media sportivi quando in ballo ci sono cifre del genere. Ci sono solo tre posti disponibili nella massima competizione europea per le squadre italiane e, anche se dalla prossima stagione i posti diventeranno quattro, è facile immaginare che la concorrenza possa disturbare e far saltare molti programmi a medio termine. Quindi, dobbiamo individuare chi possa essere l’incomodo: ed è molto semplice individuarlo in una squadra che ha la proprietà lontana e zero influenza sulle vicende del mondo politico-calcistico italiano. Ora, anche questa sarà una coincidenza bizzarra, ma finché la squadra di proprietà indonesiana prima e cinese poi è stata poco competitiva per colpe sue, non si sono ravvisati arbitraggi particolarmente scarsi o lacunosi che abbiano danneggiato le prestazioni complessive. Almeno, personalmente non ricordo nessun episodio (meglio: per quanto detto sopra, una serie di episodi) che mi abbia fatto particolarmente recriminare, al di là del normale e fisiologico fatto singolo a favore o contro. Certo, il metro sull’Inter è sempre un po’ particolare (uno per tutti, tanto per gradire: il rosso a Vidic alla prima giornata del campionato 2014/15), ma insomma, niente che potesse far gridare allo scandalo un complottista come me.

Ma se torno indietro con la memoria, ricordo l’Inter di Stramaccioni che dalla sera del 3-1 alla Juve in poi ne vide di tutti i colori. Certo, la squadra era quella che era e gli infortuni e l’acquisto di Rocchi e Schelotto fecero il resto, ma la sequenza di episodi dubbi fu continua e costante. E proprio nel momento di una supposta, ritrovata competitività, almeno per le prime posizioni se non per il titolo. L’Inter discreta, almeno per quanto riguarda la classifica, del primo anno di Mazzarri stette 32 giornate senza ricevere un rigore a favore. Anche qui, una coincidenza, immagino. Alle obiezioni di chi pensa che quelle squadre facevano comunque pena, chiedo di pazientare ancora un attimo: sul giocar male e vedersi negate le applicazioni del regolamento ne parliamo più tardi.

Rimaniamo agli interessi in ballo oggi: un tifoso juventino ha risposto ad un mio tweet scritto un paio di turni prima di Juve-Inter, manco a dirlo, equivocando: in quelle poche righe paventavo degli arbitraggi un po’ imprecisi (eufemismo) ora che eravamo risaliti in classifica e potevamo dar fastidio, sportivamente parlando. Ovviamente, io mi riferivo alla qualificazione in Champions League, mentre lui parlava di scudetto, e giustamente ridicolizzava la pericolosità dell’Inter nella lotta per il titolo, essendo questa pari a zero.

Quanta ingenuità! Se fossero tutti così ingenui questo pezzo non sarebbe mai stato scritto. Il tapino crede che la Juve o qualsiasi altra squadra nella situazione dei bianconeri, eventualmente, non sarebbe assolutamente interessata a condizionare gli arbitri per danneggiare chi non possa minimamente impensierirla nella lotta al titolo oggi, ma che abbia grandi possibilità di poterlo fare in un futuro prossimo. Questa opinione ha l’enorme difetto di mancare di visione strategica: un gruppo come Suning che compra una società come l’Inter per evidenti motivi di marketing e di politica interna cinese può fare molte cose tranne una: non vincere o non diventare vincente. Per questo, da tifoso nerazzurro, nel breve termine ho l’assoluta certezza che Suning spenderà il necessario per entrare di prepotenza nel novero delle squadre più forti. Qualche preoccupazione, semmai, potrei averla sul medio e lungo termine, ma come ha detto John Maynard Keynes “nel lungo periodo saremo tutti morti”, quindi al momento posso tranquillamente fregarmene.

È chiaro che questo sforzo economico-sportivo messo in atto da Jindong Zhang, se coronato da successo, comporterà che una delle 4/5 squadre che sono arrivate negli ultimi anni sempre davanti all’Inter (tanto per dirne una, la squadra del burattinaio del mondo politico-calcistico in questi ultimi due anni) dovrà fare posto. La torta dei diritti TV e dei ricavi nazionali derivanti dalla Champions League in quel caso dovrà essere divisa con qualcuno che non fa parte dell’establishment, senza contare l’aspetto puramente sportivo: una squadra che si qualifica in CL ed ha grandissime risorse finanziarie sarà capace di esercitare attrattiva su giocatori che oggi non sceglierebbero Milano come loro destinazione, questo è evidente.

E allora, è così inverosimile pensare che, nel caso di possibilità di esercitare pressioni e condizionamenti (anche leciti, sia chiaro) lo scopo da raggiungere è quello di rallentare la corsa di questa società dalle risorse economiche ingentissime? Tanto per essere chiari: se Suning avesse comprato la Roma o il Napoli, il ragionamento non cambierebbe di una virgola, cambierebbe solo l’obiettivo di chi vuole mantenere lo status quo.

In ogni caso, un’altra stagione dei nerazzurri trascorsa fuori dall’Europa che conta non sappiamo al momento cosa potrebbe comportare nelle strategie del gruppo cinese, ma certo diventerebbe tutto un po’ più difficile, dall’ingaggio di giocatori di livello medio alto a quello di rientrare nei parametri del Fair-play finanziario che, Suning o meno, rimane in vigore. Quello che sappiamo senz’altro è che un altro anno fuori dalla CL rappresenterebbe un sospiro di sollievo per chi sta dominando in maniera assoluta il calcio italiano da un lustro, per meriti propri e per deficienze altrui, e anche per quel gruppo di dirigenti di società che al momento sono saldamente in sella nella gestione e nella guida politica del calcio italiano.

“Scansamose”

È tutto l’anno che assistiamo a teatrini francamente vergognosi e che farebbero scandalo dovunque. Ma non da noi, evidentemente. La regolarissima serie A ha assistito a turn-over massicci di squadre di media classifica proprio quando dovevano, teoricamente, schierare la propria miglior formazione dovendo affrontare la squadra più forte del campionato.

Invece di suscitare una reazione se non indignata quanto meno di censura o di inchiesta da parte dell’informazione sportiva scritta e radiotelevisiva, abbiamo assistito a indifferenza, o addirittura all’elogio da parte di un noto ex-calciatore commentatore a Sky che ha incoraggiato l’allenatore della Sampdoria a scegliersi le battaglie da combattere: contro la Juve no, contro le altre senz’altro.

Anche in questo caso gli anti-complottisti cercano di spiegare la situazione dicendo che in fondo l’allenatore può fare le scelte che vuole. Io credo, e come me sono certo la stragrande maggioranza di coloro che amano questo sport, bianconeri inclusi, che questo tipo di scelta falsi il campionato, semplicemente. E basta una partita fatta in questo modo per falsarlo, perché la squadra che si “scansa” influenza col suo comportamento la classifica di tutte le squadre che affronterà e che ha affrontato prima di “scansarsi”. Se le partite poi sono più di una, l’influenza sulla classifica diventa esponenziale: piaccia o non piaccia è una pura questione di statistica e di matematica. Il fatto che non vi sia la possibilità di avere una controprova è un’aggravante.

Ma non c’è stato il minimo accenno da parte degli organi federali di voler guardare con più attenzione a questo fenomeno, e se non ci fosse stata quella voce riportata dalla Gazzetta dello Sport su Buffon che al chiuso del proprio spogliatoio avrebbe strigliato i suoi compagni di squadra ammonendoli che non tutte le squadre passeggiano quando incontrano la Juve, probabilmente la questione dello “scansarsi” sarebbe rimasta confinata ai social network e ai tweet dei tifosi anti-juventini, perché fino a quel momento sull’informazione sportiva c’era in merito un completo e totale silenzio radio. Evidentemente va bene così a (quasi) tutti, ma di certo non mi fa certo pensare ad un campionato trasparente dove le teorie complottiste (o realiste?) che sto esponendo siano completamente campate per aria, anzi.

Opinionisti a libro paga

Poiché ne abbiamo appena accennato, torniamo a parlare dell’informazione sportiva a mezzo radiotelevisivo e alla carta stampata. Una delle cose che più di tutte, personalmente, ha fatto scattare la molla complottista nel mio cervello è stata l’assoluta e compatta difesa dell’operato di Rizzoli, anche contro l’evidenza, da parte della stragrande maggioranza dei commentatori sportivi. Posso fare i nomi di alcune eccezioni: Pistocchi, Biasin, Spaziante, e pochissimi altri: il resto ha valutato l’operato dell’arbitro bolognese almeno sufficiente, se non discreto. In un mondo normale, i vari moviolisti avrebbero semplicemente fatto notare gli errori, alcuni marchiani, commessi da Rizzoli. Noi interisti avremmo smoccolato come al solito (e molti di noi avrebbero rosicato complottisticamente per giorni) e la cosa sarebbe finita lì, più o meno.

Invece, per una settimana intera, passando dall’auto-moviola di Rizzoli alle Iene fino all’intervento abbastanza incredibile di Nicchi alla Domenica Sportiva la domenica seguente, abbiamo dovuto vedere, sentire e leggere delle cose allucinanti. Cesari che giustifica Lichtsteiner dicendo che la maglia di D’Ambrosio veniva tirata per rimanere in equilibrio e quindi non poteva essere considerato fallo, Bergonzi che legge nella mente di Rizzoli spiegando cosa ha pensato che Chiellini pensasse e quindi ferma l’azione facendo ripetere una punizione che non andava ripetuta solo quando la palla arriva sui piedi di Icardi involato a rete, e via “assurdeggiando”.

Tra l’altro, dagli stessi commentatori abbiamo dovuto subire lungo tutta la settimana le lezioni di morale che hanno rimandato immediatamente la memoria al famoso “basiamo i toni” di mourinhana memoria: il trucco è sempre quello di decontestualizzare, facendo passare chi si incazza come uno che sta esagerando, visto che si parla di singoli episodi. Ma il punto è proprio quello: gli episodi sono tutto tranne che singoli, perché non c’è solo l’Inter di mezzo. Questo vorrei fosse molto chiaro, anche perché i più danneggiati eventualmente non sono certo i nerazzurri ma chi ha (aveva…) possibilità di lottare per il titolo.

Voglio ribadirlo ancora una volta: il discorso non è incentrato su Juventus-Inter, anche se gli esempi li ho estratti quasi tutti da quella partita e dai suoi strascichi mediatici, ma in quell’occasione qualcosa è diventato troppo palese per rimanere nella nebbia del dubbio: altre volte si sono visti commentatori difendere l’operato degli arbitri sempre a senso unico, ma è l’unanimità del post Juve-Inter che è altamente sospetta, quell’unanimità che ho visto per anni quando ero giovane ed ingenuo sulle televisioni di stato e private, prima del web; l’unanimità che leggevi il lunedì nel famoso bar e che cominciava a minare le tue sensazioni che ci fosse davvero qualcosa di storto in quella sequenza interminabile di episodi sempre con i soliti a beneficiarne. Qui è sembrata una di quelle chiamate d’emergenza che causano l’intervento rapido e in forze del personale specializzato: tutti a lavorare nella stessa direzione per rimediare velocemente al guasto potenzialmente catastrofico.

Abbiamo visto radiare e punire a seguito di Calciopoli arbitri e dirigenti, abbiamo visto squadre penalizzate. Ma abbiamo visto un solo giornalista prendersi una sanzione dall’Ordine, per quanto è ampiamente dimostrato che costui non fosse certo l’unico a ricevere istruzioni eterodirette, anzi. C’era un vero e proprio esercito manovrato da Torino allo scopo di scrivere, o trasmettere nell’etere, le posizioni decise dal vertice bianconero: stroncare quell’arbitro, parlare bene di quell’altro, non far vedere quell’episodio lì, minimizzare quel rigore là.

Vedete, il segreto di Pulcinella è che tutta quella gente è ancora lì, al proprio posto, nelle redazioni. E non vedo proprio perché mai dovrei pensare che, avendolo già fatto una volta, non lo facciano ancora o non siano disponibili a farlo. Giornalisti, ex-arbitri in auge in quegli anni, ex-calciatori con troppo da perdere per esporsi e rassegnarsi ad essere tagliati fuori tornando a fare una vita normale fuori dal calcio, fuori dalle TV, fuori da tutto. E se lo fanno ancora, come si è visto lungo tutti questi ultimi anni, bisogna chiedersi come mai. Come mai si senta il bisogno di sparare scemenze assolute tipo “Gagliardini? Trattativa-pacco”, oppure “Gagliardini vale 70 a Fifa”: a questo dovrebbero rispondere quelli che non credono all’uso strumentale dell’informazione sportiva in funzione anti-interista. Potrei andare avanti per ore, ad esempio parlando di come è stato trattato Frank de Boer dal giornalismo sportivo italiano, ma c’è chi ha spiegato queste cose molto meglio di me, et de hoc satis.

La quinta colonna nerazzurra

Ci sono molti tifosi nerazzurri che pensano che tutto questo dia solo alibi a società e giocatori e che i discorsi cadrebbero immediatamente a fronte di una società forte ed influente, e ad una squadra fortissima in campo.

Non faccio fatica a dire che non seguo la logica di queste obiezioni, nel senso che proprio non le comprendo, e sarà senz’altro un limite mio. Partiamo dalla società forte e influente: se si pensa che una società siffatta abbia un peso tale da influenzare, non importa qui il come, l’operato degli arbitri, automaticamente si ammette che ci sia un modo extra-campo per influenzarli. Il passo logico successivo è quindi quello di ammettere che quest’influenza c’è, e non è rilevante qui capire se l’influenza sia diretta o psicologica: ciò che rileva è che la terzietà e l’imparzialità dello strumento arbitrale non c’è. Se non c’è, è evidente che stiamo guardando un campionato falsato. Quindi, non capisco come si possa dire che queste influenze arbitrali non siano determinanti e contemporaneamente auspicare una società forte per eliminare questo svantaggio: è evidentemente una contraddizione in termini. Il fatto poi che da vittime si possa diventare in un futuro prossimo venturo tramite una società forte (ed è tutto da definire questo concetto, e da capire esattamente cosa significhi) beneficiari di questo operato arbitrale distorto mi fa schifo tanto quanto tutto il resto. Il fatto che la cosiddetta sudditanza psicologica, ammesso che questa sia l’effetto dell’influenza esercitata sugli arbitri fuori dal campo, ci sia e ci sia sempre stata non è una scusante ai miei occhi: semmai un’aggravante e per giunta pesante.

Quel che vorrei è una classe arbitrale che sbagli in maniera casuale. Meno sbagli fa, meglio è, ma se per caso capita una generazione mediocre di arbitri, l’importante è che non si faccia condizionare da alcuna società, forte o debole che sia. Peppino Prisco, in una delle sue memorabili stilettate, voleva un arbitro daltonico. Io, meno brillantemente, illo tempore invocavo arbitri stranieri, peggiori di quelli nostrani ma almeno liberi da condizionamenti. C’è chi vede questa cosa come un’utopia: io la vedo per ciò che è, e cioè uno sport basato sull’abilità tecnico-tattica ed atletica delle squadre, e non altro. Altrimenti rassegniamoci al fatto che, per esempio, alcune ditte abbiano corsie preferenziali per gli appalti, in maniera illecita o solo con influenza psicologica, ed accettiamo tutta una serie di parallelismi di quanto vediamo sui campi di calcio nella vita di tutti i giorni, perché il principio è lo stesso: dall’ossequio verso il potente alla constatazione che la legge non è uguale per tutti. Personalmente, non lo accetto. Che poi sia un atteggiamento donchisciottesco, me ne frega il giusto, in questo caso zero.

Non si capisce poi perché una squadra qualsiasi debba attrezzarsi in modo da essere forte il doppio degli avversari solo per compensare un eventuale handicap arbitrale. Ma perché mai? Qual è il principio sottinteso da difendere? A parte il fatto che anche in questo caso si ammette implicitamente che alcune squadre non giocano solo con la loro forza ma anche con qualcos’altro, la reputo un’assurdità completa: nessuna legittimazione va data ad un’eventuale disparità di trattamento, neanche accettandola passivamente e superandola allestendo uno squadrone.

Infine c’è l’obiezione che mi manda al manicomio più di tutte: “alla fine se meriti di perdere, è inutile stare a parlare di arbitri”. Per cui, seguendo questo ragionamento, hai diritto alla lamentela solo se giochi bene e quindi, sempre rimanendo sul medesimo filo logico, proponiamo che dopo la 24esima giornata, a classifica consolidata, le ultime tre non dovranno beneficiare di calci di rigore in nessun caso. In fondo è evidente che meritino di stare dove stanno.

Mi risulta davvero incomprensibile, giuro, un’obiezione che mi impedisca di dire che l’Inter abbia strameritato di perdere contro la Roma e allo stesso tempo bestemmiare in cingalese per l’ennesimo rigore colossale non dato ai nerazzurri sul 2-0 per i capitolini, immaginando che in quel caso l’Inter avrebbe avuto qualche possibilità in più di raddrizzare una partita già persa e strappare magari un punto assolutamente non meritato sul piano del gioco. Tra l’altro, a questi fratelli di tifo, faccio notare che nonostante le Inter delle ultime cinque stagioni siano state più o meno tutte alquanto derelitte, vi sono state squadre che giocando peggio della Beneamata, e a volte molto peggio, sono uscite da San Siro con i tre punti grazie a un rigore netto. E nessuno, giustamente, ha avuto nulla da obiettare.

Il fascino del calcio è tutto lì: nella possibilità remota che la Nocerina sconfigga il Real Madrid. Giocando diecimila volte sappiamo che i Blancos vinceranno novemilanovecentonovantanove incontri, ma sappiamo anche che un bel pezzo della magia di questo sport sta nella decimillesima sfida che la Nocerina porterà a casa dopo novanta minuti di assedio di Cristiano Ronaldo e soci e con l’unico tiro in porta su contropiede al 92’ che si insaccherà beffardamente. O magari grazie a un rigore dubbio. Questo è il calcio che il sistema Moggi cercava di sterilizzare, sottraendo alla sua squadra il rischio di perdere inopinatamente in provincia i punti che fanno la differenza tra vincere e perdere lo scudetto. Non essendo uno stupido, sapeva benissimo che la chiave per i successi in campionato era quella: avere la squadra più forte ed eliminare i rischi residui che in uno sport come il calcio possono trovarsi dietro ad ogni partita apparentemente scontata.

Per cui proprio non ci arrivo ad afferrare perché mai non possa lamentarmi di un rigore solare che avrebbe dato alla mia squadra la possibilità di fare risultato anche senza meritarlo pienamente sul piano del gioco. Il regolamento prescinde dai meriti sportivi, e questo a molti interisti sembra irrilevante.

Il rasoio

Torniamo a Guglielmo ed al suo rasoio: è complottismo esaminare tutte le componenti del quadro generale e pensare che ci possano essere delle spinte sotterranee ed illecite? È avere le visioni constatare che molti, troppi arbitri usano sempre due pesi e due misure quando davanti si trovano i bianconeri? È così inverosimile ipotizzare che ci siano degli interessi enormi che rischiano di essere compromessi dall’arrivo massiccio dei capitali cinesi di Suning nel calcio italiano, tanto più in un periodo storico di prolungata crisi economica e di scarsità cronica di risorse, se eccettuiamo quelle della Juventus?

Fate voi: per me non c’è bisogno di aggiungere elementi quando non serve. Mi hanno fregato una volta, e poiché si dice che se uno ti frega una volta è colpa sua, ma se ti frega ancora la seconda volta è colpa tua, ecco, non mi farò fregare facilmente una seconda accettando passivamente degli eventi statisticamente anomali. In fondo, la “big picture” di cui sopra si può tranquillamente leggere e spiegare applicando un altro famoso principio anglo-americano: “follow the money”.

Purtroppo a me sembra che gli unici ai quali tutto questo non quadra siano i tifosi, perché la società Inter sembra avere una posizione assolutamente allineata alla dirigenza calcistica nazionale, dato che il recente appoggio a Tavecchio nella sua rielezione è un chiaro segnale di come il club si ponga politicamente nella gestione del calcio italiano. In questo caso, giustamente, ci sarebbe poi poco da lamentarsi visto che di certo l’attuale presidente della Federcalcio lavora per il mantenimento dello status quo e non certo per cambiare qualcosa.

Un famosissimo principio di meccanica quantistica, il principio di indeterminazione di Heisenberg, dimostra come non sia possibile conoscere contemporaneamente la posizione e la quantità di moto di una particella. Ma l’osservatore può statisticamente affermare con certezza che la particella sia lì, da qualche parte.

Non ho le prove per stabilire se c’è del marcio oggi nel calcio italiano, come ho detto. Ma faccio mio il rasoio di Occam ed il principio di indeterminazione per applicarlo ai poteri che lo gestiscono e lo influenzano: molto probabilmente il marcio è lì, ma come per la particella non ne conosco posizione e velocità. Chissà se qualcuno riuscirà mai a dimostrarne l’esistenza oltre ogni ragionevole dubbio.