Sbarchiamo a Gelsenkirchen alla ricerca di una buona prestazione europea dopo 10 anni di figure di merda o quasi. Gelsenkirchen dove si è giocato l’epilogo della famosa settimana maledetta di leonardiana memoria, uno stadio che ci porta una discreta sfiga. A giocarsi gli ottavi di Europa League contro di noi una squadra uscita direttamente dall’indotto metallurgico della periferia di Madrid: fabbri le cui uniche qualità sono la corsa e le mazzate sulle caviglie, che noi possiamo affrontare con un centrocampo di grande carattere, tecnica e cervello mirato a nascondere la palla agli avversari e purtroppo anche ai compagni di squadra.

Nonostante l’assenza in campo dello spaventapasseri Gagliardini e cuor di leone Brozovic (prima dell’intervento del Mago di Oz ovviamente) reggiamo la botta dei primi 20 minuti di forcing degli spagnoli grazie anche a una parata di Handanovic e al Politano iberico che anziché tirare di prima sfondando la porta deve toccare il pallone 10 volte per aggiustarselo prima di tirare. Superato l’approccio pannolone della maggior parte dei nerazzurri Bastoni (il più giovane) sfodera un lancio di 50 metri con la palla che spiove su Lukaku: controllo, allungo per superare il difensore che prova a dare una spallata per far perdere l’equilibrio a Big Rom rimbalzando come contro un muro. Golasso da centravanti vero e chi non capisce la differenza che fa Lukakone in campo non capisce una fava di calcio.

Dopo il gol continua il momento positivo dell’Inter ma ogni occasione arriva sui piedi di Lautaro (autore di due buone conclusioni in mezzo a 70 minuti giocati solo per se stesso e per il gusto della giocata). L’inerzia è tutta nerazzurra fino al 15esimo del secondo tempo entro il quale Dambrosio si trasforma in Djorkaeff e Godin in Riccardo Ferri: il risultato è che non segnamo il secondo gol. E qui più di un tifoso con esperienza ha iniziato a preoccuparsi.

Infatti i fabbri madrileñi continuano a picchiare e tirano su la testa fino a che il Faraone salta a caso in area colpendo la palla con il braccio. A me sembra essere sbilanciato dallo spagnolo, ma dopo 2 minuti di VAR il Getafe  riceve in regalo un penalty (appena uscito il loro specialista). Sulla palla va l’Angelo Siderurgico, anche noto come Mimì Metallurgico, che tira un rigore con il pannolone che neanche io alla finale del torneo scapoli-ammogliati.

Finalmente l’odiato Mister si sveglia e fa qualche cambio, mentre nel frattempo Barella (uno dei migliori in campo insieme a Bastoni e Lukakone) si inventa una percussione pazzesca appoggiando in mezzo all’area piccola una palla solo da spingere in porta: Big Rom la cicca clamorosamente facendo bestemmiare anche Madre Teresa di Calcutta (che – si sa – è sempre stata tifosa nerazzurra). Eriksen entra in campo, fa due scambi, poi Bastoni apre alla grande proprio per il danese, che appoggia a Mimmo, che la mette in mezzo per non si sa chi: un difensore a caso la rimpalla proprio sui piedi del Biondo che non si fa pregare e insacca il 2-0 che chiude il match.

Rimane giusto il tempo per vedere il Viejo Maravilla mangiarsi un gol pazzesco con un pallonetto di stinco che manco Gagliardini: le bestemmie qui sono limitate solo perché la sensazione di essere ai quarti è ormai concreta, nonostante i sei minuti di recupero (giusti) e Biraghi in campo.

Onestamente prestazione all’altezza dell’Inter che centra l’obiettivo dei quarti di finale con un risultato meritato nonostante il tentativo di auto sabotaggio che non ci neghiamo mai: per fortuna il rigore l’ha tirato un poveretto e non un normodotato, e possiamo stare qui a disquisirne.