Io li ammiro. Dico sul serio. (Li stirerei anche con l’auto, se possibile, ma per ora li ammiro). È un capolavoro di perfidia quello con cui hanno convinto anche i più inveterati e smaliziati tifosi interisti a credere che questa partita non finisse come tutti avrebbero potuto facilmente pronosticare stanti i prodromi: partitone con ampia vittoria contro il nulla cosmico, seguito da sconfitta della diretta concorrente per un posto in campionato e facile possibilità di chiudere ogni discorso di qualificazione in CL. Il palcoscenico perfetto per i nostri perdenti per dimostrarsi quello che sono irrimediabilmente, ma loro no, non vogliono farti credere che sia possibile lo stesso copione per l’ennesima volta. Allora lavorano di cesello e fioretto, i nostri perdenti: sfoderano 25 minuti ottimi di gamba e di testa, addirittura coronati dal vantaggio su un palo clamoroso che finisce proprio tra i piedi del tuo centravanti che la piazza in porta. E così anche i più sgamati interisti di lungo corso si fanno attirare nel gorgo dell’inganno.

A Sinisa basta il break per reidratarsi per rimettere la partita sui binari giusti: rientriamo in campo e dell’Inter dei primi 25 minuti non c’è traccia. Sembriamo tornati il pastone che siamo di solito nel girone di ritorno da 10 anni a questa parte. I felsinei ci fanno il culo a strisce ed è solo per puro caso e per un paio di riflessi abbastanza casuali di Handanovic che non riescono a pareggiare prima della fine del primo tempo. Uno pensa che nell’intervallo l’odiato mister li ribalti, mentre al rientro in campo è tutto come prima. Felsinei all’arrembaggio, perdenti nerazzurri in affanno contro una squadra modesta e appena appena motivata.

Impietosito dallo stato di necessità mentale nerazzurro addirittura un nostro arcinemico, fratello di un dipendente dei gobbi e figlio di uno dei reietti di calciopoli, ci viene in aiuto, uno dei punti più bassi della nostra storia: espelle in uno scatto di nervi Soriano per un miagolio appena appena sopra le righe e ci concede un (sacrosanto) rigore per chiudere il match. Ma no, i nostri perdenti dal cuore buono e dai piedi storti non ci stanno: al posto del rigorista Lukaku sul dischetto va Lautaro che poverino ha bisogno del rinforzino positivo come i bambini viziati; tira una ciofeca centrale che manco se lo tiravo io e sulla ribattuta a chi potrebbe mai arrivare la palla se non a quella sottospecie di calciatore che condivide più geni con una gallina (si vede da come corre) che con i primati di Gagliardini? Dopo questo episodio era chiaro a qualsiasi interista che abbia assistito agli ultimi 10 campionati che i nostri perdenti non si sarebbero fatti sfuggire l’occasione di servire ai tifosi l’ennesimo consommé di merda liquida.

E infatti: nonostante giochiamo 10 vs 11 il Bologna è quello che sembra in superiorità numerica, e su una rimessa laterale Gagliardini (ancora lui, sarà un caso) in collaborazione con Candreva e Dambrosio riescono a far arrivare la palla a Juwara, appena entrato con la storia strappalacrime del cammino attraverso tutta l’Africa, il barcone, la umana pietas, che insacca senza problemi. Come ha detto un mio socio, noi vendiamo sogni. Agli altri. L’odiato mister nonostante da più di un’ora stiamo facendo cagare non pensa minimamente di sostituire quella merda di Gagliardini o quel bambino capriccioso di Lautaro, ma attende fiducioso. Dopo il gol però finalmente si sveglia e inserisce Sanchez per Eriksen: il Viejo Maravilla entra senza incidere, anzi facendo ripartire un paio di volte il Bologna per non farsi mancare nulla e ciccando clamorosamente la palla del pareggio nel finale.

In compenso il Bologna ci deride e Pairetto a questo punto allarga le braccia sconsolato pensando “Ve la siete cercata”. Bastoni già nervoso e ammonito al primo falletto si becca un secondo giallo abbastanza allucinante ma che possiamo addebitare alla solerzia con cui l’odiato mister cambia l’inerzia delle partite… In peggio. Squadre in parità numerica ma non in parità di gol, perché 3 minuti dopo Barrow ci infila per il gol del sorpasso felsineo. L’odiato Mister deve pensarci ancora cinque minuti per decidere di fare altri cambi, quando da almeno 40 minuti mezza squadra non ragiona obnubilata dallo scarso numero di neuroni e dal caldo. Ovviamente mica fa uscire Gagliardini che è riuscito a combinarne più di Muntari in Catania-Inter del 2010, no, mette Biraghi – che si distinguerà per farsi superare più volte in corsa dal suo antagonista rossoblu in campo da 80 minuti – ed Esposito che non toccherà neanche un pallone. Poi deve aspettare altri 3 minuti per cambiare finalmente i centrocampisti: sarà un caso che negli ultimi minuti capitano almeno un paio di occasioni quando Gagliardini non è più in mezzo ai coglioni, ma ormai la partita è segnata.

Lo sapevamo tutti, ma i nostri eroi perdenti sono riusciti a illuderci per poi farci incazzare, altrimenti dormiremmo sonni tranquilli. Non so cos’altro sia necessario per dimostrare a chi prende le decisioni in società che questo è un gruppo di perdenti, salvo 3-4 eccezioni che andrebbero tutelate come panda, e che se non si sradica questa mentalità da sfigati non ce la si farà mai. Discorso a parte per l’odiato mister: pagato 12 milioni per fare la differenza soprattutto sulla mente e sul fisico dei giocatori insieme al mago Pintus, per ora l’unica cosa per cui mi rimane impresso è il ritardo con cui effettua i cambi (addirittura peggio del Mancio) e la difficoltà che ha nel cambiare a partita in corso lo spartito. Onestamente mi aspetterei qualcosa in più da quello che viene ritenuto uno dei pochi allenatori Top in circolazione. Irredimibili perdenti inside, evaporare please.