La partita con l’Hellas era la tipica partita fatta apposta per l’Inter che tanti lutti addusse ai cuori nerazzurri: ultima partita prima della sosta, subito dopo una sconfitta cocente che ci costerà molto in termini di obiettivi stagionali, con una squadra piccola, in forma, con nulla da perdere e tonica. Di solito partite che finiscono con una sconfitta ingiusta e di misura per la Beneamata, trasformando i 15 giorni senza calcio in un’agonia di incazzature, depressioni, polemiche e litigi tra interisti e non.

E invece… Stava andando proprio così. Ci presentiamo con la squadra che possiamo permetterci in questo momento, con tanto di Biroccio Biraghi (che per 40 minuti ha anche giocato dignitosamente prima di un crollo verticale inspiegabile in un ragazzo di 27-28 anni) e mediocampista invisibile. Sembra una partita normale contro il solito pullman parcheggiato davanti alla porta, senonché su un affondo abbastana casuale degli scaligeri Handanovic esce a caso rendendosi conto solo troppo tardi della minchiata: rigore e Verona avanti. Assurdo.

Il resto del primo tempo non reagiamo proprio con furore, però confezioniamo almeno 2-3 palle gol che meriterebbero almeno il pareggio: in particolare un tiro a giro di Sbronzovic e un tiro di Vecino (che gli riesce solo perché essendo l’uomo invisibile nessuno si era accorto che fosse lì) che si ferma esattamente con 3 cm di pallone sulla linea di porta. La sensazione condivisa da tutti i lungodegenti di San Siro è: stasera è una di quelle sere in cui la prendiamo in saccoccia (tipo il famoso Inter-Sassuolo con gol di Policane sotto la barriera, per dire…)

L’Inter che entra nel secondo tempo però – al contrario di quanto successo a Dortmund – è un’Inter aggressiva e incazzata che vede in Barella e nei due attaccanti dei veri e propri martelli, e in Skriniar, Bastoni e DeVrij dei registi aggiunti. Dai e dai finalmente arriva l’agognato pareggio, ovviamente con l’uomo che ha strappato più bestemmie sugli spalti che da minuti e minuti ne invocano la sostituzione: Wcino la mette non sa bene neanche lui come, ma l’importante è che sia pareggio. I minuti passano e i cambi lasciano un po’ sbigottiti (passi Candreva per un Biraghi scoppiato, ma tirare fuori il Lautaro di questo periodo per mettere Esposito lasciando in campo il mediocampista invisibile uruguayo è sembrato a tutti un’ingiustizia prima che un’allucinazione).

Dopo vari tentativi ecco arrivare la pennellata del maestro: Barella toglie la maglia 23, mette quella numero 5 e infila un tiro a giro da lontano che ha ricordato il miglior Deki, sopratutto per la smodata esultanza a seguire che ha infoiato tutto lo stadio insieme a Lukaku (vero arruffapopoli). Certo se Lukaku oltre ad arruffare i popoli avesse messo una delle settordici occasioni avute avremmo vissuto tutto più tranquilli, ma siamo interisti e sappiamo che innanzitutto la guerra è contro la sfiga.