La partita di mercoledì e quella di domenica contro i gobbi maledetti doveva darci delle risposte sul nostro vero livello: il giudizio è inappellabile e solo i più bauscia tra di noi speravano che il campo sovvertisse ogni conclusione razionale. Non siamo ancora al livello delle prime della classe, neanche lontanamente: una parte del gap lo puoi colmare con la garra, girando al massimo e sperando che tutti gli episodi ti dicano bene, magari anche con un po’ di sapienza tattica, ma è un recupero illusorio che svanisce non appena anche gli altri salgono di giri o un rimpallo va storto, che sfuma come neve al Sole se non dai il 110%.

Stasera sono tre i momenti chiave che hanno spento ogni mia speranza di fare un colpaccio insperato e magari immeritato: entriamo in campo tutto sommato con la testa, ma una minchiata (la seconda in 4 giorni) di Godin in momentanea versione Vidic – qualcuno in tempi non sospetti disse che una difesa a 3 con centrali puri e lenti come i nostri in determinate situazioni è impresentabile, ma saremo tutti pirla – consente a Dybala di trovare un gol davvero ad altissimo coefficiente di difficoltà; tutto sommato un episodio in cui ci dice culo c’è, ed è quello del rigore scaturito da un rimpallo che finisce sul braccio larghissimo di un gobbo a caso, ma manco il tempo di gioire e Sensi si fa male; al peggio non c’è mai fine e quando l’odiato mister tira il dado a 20 facce che usa per scegliere se tagliarsi la palla sinistra mettendo Gagliardini (dispari) o la palla destra mettendo Vecino (pari), esce l’8. Partita finita e speranze residue attaccate a un filo.

Come ormai hanno scritto e detto tutti abbiamo sì e no 11 titolari, i quali al loro massimo possono ridurre un pochino il gap e togliersi qualche soddisfazione, ma per compete la società deve investire molto di più. Se nella partita clou ti mancano un redivivo Sanchez per squalifica (con il metro usato per Alexis nella partita di stasera ne ammonivano almeno 3 di quelli monocromatici) e Sensi per infortunio, è chiaro che non puoi andare da nessuna parte. Mercoledì i cambi per modificare l’inerzia del match sono stati Gagliardini e Politano, domenica Wcino e Politano: dove vuoi andare?

Infatti appena entra Vecino dal suo lato vengono sempre giù come frecce con il povero Asamoah che ne ha sempre 2 da marcare perché l’uruguagio vaga per il campo ad minchiam. Nonostante questo teniamo botta e concludiamo il primo tempo su un pareggio per cui avrei firmato anche prima dell’inizio dei 90 minuti. L’inizio del secondo tempo conferma i miei più orribili sospetti: Vecino continua a sembrare un pesce polmonato prima che l’atmosfera avesse la quantità necessaria di ossigeno per sostenere la vita non acquatica, Brozovic e Barella corrono per quattro, ma non possono durare. A questo va aggiunto che se Lautaro fa una grandissima partita (se avesse anche la sabongia avremmo trovato in lui il sostituto centravanti, ma purtroppo la miccia è spesso bagnata), Lumaku fa una di quelle partite per cui l’ho deriso quando mi è capitato di vederlo in televisione nelle sue peripezie internazionali: sei il nostro cazzo di centravanti, hai tre volte la palla sul piede per tirare e non arrivi a farlo manco mezza volta. Le bestemmie che ho accumulato stasera confermeranno la mia definitiva esclusione dall’accesso ai cieli.

Karma is a bitch e a noi non fa mai sconti: dopo aver resistito strenuamente, l’odiato mister fa anche lui la sua minchiata quotidiana. Per arginare i buchi a sinistra sposta Barella ormai spompo da quel lato e Vecino dall’altro. Ne nasce un momento di confusione tattica (anche dovuta all’apnea) e sull’unico errore che il giovane Bastoni commette in una partita in cui conferma il buon livello che ha raggiunto, veniamo puniti senza appello. Nonostante la mazzata ci proviamo ancora, ma le tre palle migliori per riportarci in pareggio capitano sul piede di… tadaaaaa… Wcino. E allora ditelo, cazzo, ditelo che volete che mi venga un aneurisma sugli spalti, brutti bastardi! Sugli esiti scarsi delle giocate uruguagie si spegne ogni speranza di portare a casa un punto, ma alla fine il campo ha decretato una amara sentenza, difficilmente appellabile senza mettere mano al portafogli per prendere giocatori forti: quo vadis? Dove minchia vogliamo andare?

Un’ultima nota: non voglio parlare di arbitri perché tanto li odio tutti a priori e perché non penso che il risultato sarebbe stato in alcun modo differente, ma il metro di giudizio scelto dal fido Rocchi spiega più di mille parole perché il campionato italiano sia così poco considerato; un milione di fischi per contatti lievissimi e discutibili che hanno reso il gioco spezzettato e indotto i giocatori a buttarsi in terra invece di giocare. Un metro più inglese non avrebbe falsato il risultato ma avrebbe reso lo spettacolo decisamente più godibile, ma si sa che all’AIA di rendere lo spettacolo godibile non interessa.