Bisogna avere molta fede per seguire il COVID football e in particolare l’FC Internazionale di questi tardi anni Dieci del nuovo millennio. E come sempre la speranza di vedere ribaltati i pessimi segnali che ogni interista percepiva prima di questa gara tra tamponi positivi, rientri tardivi e vibre statistiche negative, è l’ultima a morire per ogni tifoso che si rispetti. Ma non avevamo considerato la terza virtù teologale, la carità: noi interisti non ci sottraiamo mai a fare del bene nei confronti dei più sfortunati, e messi peggio dei nostri cugini in questi anni ce ne sono pochi. Nonostante questo la portano a casa solo con un grande contributo attivo e passivo degli amici dell’AIA (il giorno che raderanno al suolo gli arbitri italiani e ci faranno arbitrare da arbitri di qualsiasi altra parte del mondo sarà sempre troppo tardi), che ormai applicano un regolamento ad hoc per episodi identici se si ha la maglia nerazzurra o quella di altri colori. A questo punto considerato il trattamento di favore che i diversamente milanesi stanno ricevendo inizia a salirmi il dubbio che si sia già deciso chi beneficierà dell’eventuale passo falso dei gobbi, e la tragedia è che ho il sospetto che la nostra munifica proprietà non ne sarebbe nemmeno troppo scontenta.

In ogni caso il gol di Ibra non era manco quotato alla SNAI, ma si poteva evitare di fargliene fare due in 15 minuti (sui 30 che il Milan ha giocato in tutto), ma il nostro terzino sinistro titolare, quel Perisic che non ha voluto manco sua madre a prezzo di saldo, riesce nell’impresa di rallentare il gioco offensivo, perdendo regolarmente palla e facendo ripartire a 100 all’ora gli esterni milanisti, unica vera arma insieme all’ottuagenario svedese per il redento Pioli (lui e i suoi errori di gioventù). Al resto pensa Kolarov che abbiamo fortemente voluto al posto di Godin (d’altronde perché tenere un difensore centrale quando puoi far giocare un terzino tutta fascia vecchio al su posto?) e che ne combina di tutti i colori in 15 minuti (il rigore è – a dir poco – un’ingenuità, la marcatura sul secondo gol manco al campetto dell’oratorio). Purtroppo mettere in salita una partita che statisticamente ti diceva già male non può che inaugurare il filotto post sosta delle Nazionali con una sequela assortita di bestemmie (non commento neanche sulla brillante idea di confermare le partite mischiando giocatori da decine di paesi diversi dopo aver fatto protocolli che chiudono le singole squadre in albergo per evitare la diffusione del virus nel calcio). Se poi uno pensa che giochiamo con una difesa che fa segnare anche il centravanti boa che talvolta gioca a calcetto con me il lunedì sera, viene da tirare calci nei denti a chi ha voluto smontare un reparto che funzionava per motivi imperscrutabili (davvero i 5 mln di Godin ci mandavano in vacca il bilancio? Lasciate fare che è storicamente uno dei miei difensori più amati, ma anche solo di scorta sarà meglio lui di tutti i Darmian d’Italia, no?).

Metabolizzati i 30 minuti di furore e folate rossonere, rimettiamo la partita nei binari giusti, e segnamo l’unica volta che Perisic fa la prima cosa che gli viene in mente invece che cincischiare per decidere dove mettere il pallone. Il croato ogni partita che passa diventa inquietantemente simile a Candreva per stupidità calcistica, con la differenza che almeno Antonio correva come un pazzo almeno nella prima fase di amore con l’odiato Mister. Oltre al gol ci mangiamo un paio di occasioni pazzesche, ma anche loro ne hanno e quindi forse non ci possiamo lamentare. Certo rimane la sensazione che Kjaer abbia già più volte rischiato un secondo giallo, ma non essendo episodi eclatanti ci tocca far buon viso a cattivo gioco (e cattivo arbitro).

Il secondo tempo riparte con l’Inter che domina la partita confezionando alcune occasioni pazzesche con Lukaku, Hakimi e Barella. Lautaro dovrebbe avere il solo ruolo di far espellere Kjaer ma nel secondo tempo scompare come un fuoco fatuo all’alba. Ovviamente il fatto che non segnamo presagisce il finale, ma un vero tifoso non si arrende mai. Neanche quando Kessié cerca di spezzare la caviglia di Hakimi ma l’arbitro e il VAR fanno finta di non vedere (da Vecino a Barella ricordo settimane di prime pagine dedicate a come fosse inaccettabile che nessuno avesse sanzionato i killer interisti). E quando la palla carambola su Kjaer e finisce a Lukaku che elude Gigio che lo abbatte siamo sicuri che il rigore ci darà l’agognato e giusto pareggio. Invece meraviglia: l’unica cosa che con il VAR ancora veniva reso oggettivo, il fuorigioco, diventa oggetto di fantasia, così il tocco di Eriksen in orizzontale diventa una giocata in direzione di Lukaku e il doppio tocco di Kjaer totalmente ininfluente. Sono certo che se Lukaku giocasse in qualsiasi altra squadra della serie A avrebbero preso la stessa decisione perché… Ti amo campionato.

Ma non è finita: continuiamo ad avere occasioni ma le sprechiamo malamente tirando fuori di pochissimo oppure in bocca a Gigio. Le due occasioni migliori sono nel finale, ma è qui che si evidenzia la nostra più alta fibra morale: quando dopo pochi minuti dal fischio di inizio Kolarov tocca dentro Ibra, questo anziché continuare e sparare in porta, ha finto di morire (comprensibilmente, voleva il rigore a tutti i costi); nel recupero quando su pallonetto di Lautaro, Theo da un calcione a Lukaku mentre tira a rete, il nostro fratellone si dispera per l’errore invece che contorcersi a terra. Avrebbe dovuto, perché così almeno avrebbero dovuto rivederlo e cercare di metterci una toppa. Invece Lukakone, onesto troppo onesto, non protesta neanche. E il destino lo punisce perché il suo colpo di tacco a 10 secondi  dalla fine è troppo perfetto e finisce in bocca a Gigio, l’avesse sbucciato come un Inzaghi qualsiasi avrebbe segnato e pareggiato nel tripudio l’ennesimo derby.

Che dire, sapevamo tutti che lo avremmo perso dopo 5 anni in cui i cugini di merda non vedono la boccia manco per sbaglio, però avrei preferito perderlo 0-3 demeritando nettamente che 1-2 con l’aiutino. Ma cosa ci dobbiamo fare, lasciamo che se la godano, sperando che non sappiano qualcosa che noi ignoriamo delle intenzioni del palazzo. Vedere vincere loro un trofeo di nuovo prima di noi sarebbe una cosa antipatica nell’insieme, per dirla in scala Moratti.