• Una conferenza stampa piuttosto noiosa con poche domande degne di sottolineatura: ho visto un Antonio Conte particolarmente teso, forse per l’esordio davanti ai giornalisti in veste di mister nerazzurro o forse per l’esordio in un ambiente nemico fino ad un mese fa.
  • Penso Antonio Conte sia un professionista dilaniato internamente dalla voglia di sudare e vincere, glielo leggo nella faccia quasi sempre imbronciata e nei pochi ma chiari concetti che esprime: lavoro, fatica, sudore, passione. Se questi sono i presupposti è ovvio quindi considerare, assieme ai fatti che conosciamo, sia Icardi sia Nainggolan fuori: a Conte servono giocatori che sappiano preferire il noi all’io (sua citazione). E se anche Perisic non dovesse adeguarsi finirà anche lui sul mercato. La strada è tracciata: Conte vuole dare una forte identità a questa squadra basandosi sul suo credo e quest’ultimo non prevede profili non allineati.
  • Inutile commentare, personalmente, le tante, forse troppe, domande poste sulle nostre possibilità di vittoria sulla Juve già a partire da questa stagione: è impossibile e Conte lo sa bene, ribadendo più volte la volontà di iniziare a colmare il gap sia con la sua ex squadra sia con il Napoli. Per me non è neanche convinto, a ragione, di riuscire a vincere qualcosa entro la fine del suo contratto, il 2022, posto che lui rimanga fino a quella data sulla nostra panchina. Era più una domanda da porre a qualcuno della società più che al mister.
  • E’ molto lontano (che non vuol dire peggiore) dalla dialettica di Luciano Spalletti, lo si percepisce immediatamente nelle frasi a volte iniziate con parole balbettate e tremolanti rispetto al continuo filosofeggiare del nostro ex mister; Conte è molto più asciutto, gira attorno a due o tre capisaldi (tra cui quelli citati sopra sul potere del lavoro e del sacrificio) e decide anche di essere poco paraculo, al contrario, in senso buono, del predecessore: nessun richiamo al suo passato bianconero se non per ricordarne metodi di lavoro e vittorie (da parte sua e da parte dei giornalisti nonché di Marotta), nessuna frase ad effetto per accattivare i tifosi nerazzurri. Immagino invece come avrebbe agito uno Spalletti nella sua situazione…
  • Partirà con la difesa a 3: è la risposta data ad una delle poche domande interessanti, per altro fatte da giornalisti stranieri e da DAZN. Ha citato, direi ovviamente e giustamente, la difesa come il reparto più forte della rosa dell’Inter citando il nuovo arrivato Godin ma anche Skriniar, De Vrij, Bastoni, Ranocchia, D’Ambrosio… e non Miranda. Il suo punto di partenza sarà quello che gli ha consentito di ottenere le recenti vittorie ma si è dichiarato aperto anche al cambiamento in base alla valutazione dei giocatori a disposizione (e ci mancherebbe, dico io).
  • Le domande rivolte invece a Marotta, sul mercato, giravano sempre attorno ai nomi che leggiamo quotidianamente: Lukaku, Dzeko e Barella, nonché fantomatici scambi Dybala-Icardi con la Juve. Tutte domande rispedite al mittente con palla al centro: siamo in una fase di stallo del mercato (anzi, citazione corretta vorrebbe “di cantiere” con sommo gaudio di chi si sente rappresentato da questo termine oggi) e le valutazioni verranno fatte dall’Inter più avanti in qualità di compratori su Dzeko e Barella davanti al prezzo fatto dai venditori. Come dire, ci stiamo lavorando ma per adesso non siamo vicini al prezzo a cui noi vorremmo comprarli. Ultima nota su Icardi e Nainggolan: la chiusura è netta, saranno due casi spinosissimi da risolvere in sede di mercato e ho la sensazione che in società lo sanno bene.