Oggi era gloria o morte. Poteva essere gloria, anche considerato lo score negli scontri diretti in casa e sperando nella qabala, invece è morte. E morte dolorosa (che mette la parola fine a sogni scudetto che erano ampiamente alla nostra portata ma che abbiamo scelto di non perseguire).

D’altronde ho sempre detto che siamo una squadra molto forte nei titolari ma scarsa nelle riserve e oggi ti mancavano Bastoni, Mkhitarian, Thuram e Dumfries ai quali aggiungere un Lautaro che cammina ormai da settimane (salvo qualche scatto del tossico) e un Dimarco scomparso da dicembre. Molto dura sfangarla così: avresti dovuto arrivare con più margine, sfruttando le occasioni avute in passato (sfide con il Napoli, la partita in casa con i gobbi, Parma, Genoa, Monza per citare le prime che vengono in mente, ma banalmente anche questa stessa partita l’ennesima che poteva tenerti in gioco) mentre così sul filo del rasoio paghi dazio.

E’ anche vero che lo score delle ultime partite è implacabile: 5 gol subiti, 0 gol fatti, tiri in porta veri e propri forse 3 in 270 minuti; non si capisce da dove nasca la fiducia in un esito diverso se non dalla cecità del tifo (io per primo eh). Oggi è stata abbastanza simbolica della fase: squadra che vorrebbe reagire ma che non riesce a confezionare una azione da gol seria, ostaggio di un gioco dispendioso e bello, ma alla fine prevedibile. Avevamo avuto modo di dire che l’Inter vinceva o moriva con l’Inzaghi ball ed è esattamente così.

Da inizio anno prendiamo molti più gol del lecito per chi pensa di vincere qualcosa, ma nessuno si è sognato di trovare una soluzione al problema (sulle cause ognuno ha la sua lettura, la mia è che il parco attaccanti fa schifo al cazzo e questo costringe i titolari a ritmi massacranti facendoli mancare nella fase difensiva). Da inizio anno tutti sapevamo che 2 punte titolari per 70 partite era un suicidio programmato, e infatti eccoci qui a vedere 90 minuti di Lautaro immobile e Arnautovic peggio di una statua di sale (la loro partita finisce verso il minuto 10, per dire).

Io speravo che la vittoria dell’anno scorso avesse sbloccato Inzaghi, lo avesse convinto a superare i propri confini, mentre questa stagione lo conferma un allenatore ispirato ma limitato, vittima di se stesso e delle proprie fissazioni (che purtroppo forse non riconosce abbastanza): in 8 anni le sue squadre hanno buttato via stagioni intere negli ultimi due mesi (ricordo a tutti che nel famoso “la prende Vecinooooo” c’era lui in panca a regalarci una qualificazione in Champions in cui non speravamo più), nessuna contromisura quando bloccano i tuoi braccetti e terzini, nessuna variazione di gioco da mettere in campo quando siamo incastrati. Anche in svantaggio di 3 gol nel derby continuiamo a giocare in un modo solo sperando di ribaltare l’inerzia. Cosa che non accade: e non sarà un caso se abbiamo rimontato una volta in tutta la stagione il gol di svantaggio (viceversa abbiamo subito svariate rimonte, anche piuttosto assurde).

Detto tutto questo, ci sono due cose che non si devono dimenticare e che sarebbe sbagliato far passare sotto silenzio: la prima è che sono 3 mesi che non ci fischiano un cazzo a favore, sia oggi sia con il Bologna sia nel derby ogni contatto è sempre stato dato a favore dei nostri avversari; oggi c’erano 2 rigori, non 1, e fosse successo al Maradona di Napoli avremmo avuto 10 trasmissioni in diretta tipo funerale del papa; invece si può cagare in testa all’Inter impunemente perché in fondo in fondo tutta l’Italia è contenta che non vincano quei cattivoni nerazzurri. Meglio la favola Napoli di uno degli uomini simbolo dei gobbi di calciopoli che piange miseria come l’ultimo orfanello di guerra. Sì, come no.

La seconda cosa è che mai come quest’anno i tesserati Inter si sono sentiti liberi di parlare, parlare, parlare: Mkhitarian, Bisteck, Barella e pure Inzaghi con la sua rievocazione del triplete. Io ho imparato una cosa nella vita: quando il gioco si fa duro, non si parla, si gioca, si vince e poi si parla. Chi parla prima di solito lo fa solo perché ha paura che a giochi fatti sarà tra gli sconfitti che devono spiegare. Anche in questo vincere ci ha fatto male, anziché insegnarci come vincere ancora, ci ha dato l’idea che potevamo permetterci la spocchia. Non è così e di spocchia in spocchia siamo sull’orlo di vincere il trofeo “ho quasi vinto tutto, ma non ho vinto un cazzo”. Saran contenti gli sportivi, noi tifosi, invece, siamo incazzati come puma.

PS: la tragedia odierna salva alcuni da una disanima più precisa della loro prestazione; in particolare Frattesi, Bisteck e Zielinski devono ringraziare che abbiamo problemi più grandi a cui pensare, ma meriterebbero di essere tirati sotto da un pirata della strada per come hanno affrontato oggi il match.